Il carbone attivo in acquario

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Il carbone attivo in acquario

Il carbone attivo in acquario

Uno degli scopi principali della comunità di Acquario Chimica e Tecnica è aiutare tutti, sia esperti che neofiti, a conoscere o approfondire il corretto utilizzo dei materiali che immettiamo nelle nostre vasche.

Tra i tanti il carbone attivo è uno dei materiali che ci troviamo più spesso a consigliare e, nel corso di questo articolo, vedremo i motivi che ci spingono ad utilizzare questo materiale tanto prezioso quanto economico per la sua versatilità ed utilità.

Non solo, ma in anni di esperienza ci sembra evidente che il carbone attivo sia anche il materiale in assoluto meno compreso, talvolta anche demonizzato, senza avere una chiara visione della sua effettiva utilità.

Andremo a comprendere prima cosa sia il carbone attivo e, in seguito, cosa lo renda in alcune situazioni un materiale fondamentale per l’uso in acquario, da tenere sempre nel proprio armadietto di scorta.

Questa scheda è stata scritta ed elaborata a quattro mani in quanto alla sana pratica è sempre bene aggiungere la scienza. Quindi chi meglio di un esperto chimico poteva integrare questo argomento?

Che cos’è il Carbone attivo?

Il carbone attivo è un materiale di origine vegetale contenente principalmente carbonio ed avente una struttura altamente porosa. E’ idrofobo, ovvero poco affine all’acqua, pertanto in grado di trattenere a sé molecole meno polari di essa. Con ciò intendiamo generalmente molecole contenenti carbonio, che in acquario tendono ad accumularsi con facilità, costituendo la causa della maggior parte dei problemi di gestione che ci troviamo ad affrontare. 

Oltre alla sua idrofobia, grazie alla elevatissima porosità, il carbone è un materiale con una elevata area specifica, ovvero possiede una grande superficie di contatto per unità di volume, proprio come i cannolicchi o i materiali di supporto biologico presenti nel filtro.

Pensate che la superficie di contatto del carbone attivo è di circa 500 – 1500 m2/g, ovvero, se fossimo in grado con un mattarello di appiattire tutta la superficie di contatto disponibile in un grammo, questa riuscirebbe a coprire le vostre case circa 15 o 20 volte.

Il carbone attivo in acquario
Microfotografia di un granulo di carbone attivo. Potete notare come la struttura sia estremamente complessa e con grande superficie di contatto

Queste due proprietà conferiscono al carbone attivo la sua definizione: si tratta di un materiale che presenta elevate capacità adsorbenti.

Come viene prodotto il carbone attivo?

Questo materiale estremamente importante nella gestione dei nostri acquari, è semplicemente il prodotto della combustione di materiale vegetale, segatura di legno, legno, lignite e fibre vegetali ma anche da gusci di frutta, come ad esempio il cocco, ma anche da prodotti secondari della lavorazione della carta e dal carbon fossile.

Gusci di cocco
Noci di cocco. Il guscio, in particolare, è il materiale di partenza per produrre carbone attivo di elevata qualità

Questi materiali contengono principalmente carbonio, ossigeno ed idrogeno. Questi ultimi due elementi ad elevata temperatura, ed in presenza di un opportuno reagente, possono formare vapore acqueo che, espandendosi, sostiene la struttura di carbonio rendendo quindi il materiale così alveolato e poroso.
I materiali di partenza vengono fatti reagire con un agente deidratante (in genere acido solforico o fosforico o cloruro di zinco) con poco ossigeno per evitare che il carbonio bruci ed alzando la temperatura a valori compresi tra i 400 e 1000 °C. Dopo la rimozione del reagente quello che resta è il carbone attivo.

Per l’uso acquariofilo le aziende specializzate, nel tempo, hanno imparato a preferire i prodotti trattati con acido solforico a quelli contenenti tracce residue di zinco o acido fosforico, a causa dell’alterazione dei valori chimici che queste ultime due possono dare in acqua. In passato carboni attivi di scarsa qualità potevano infatti causare, soprattutto in acquario marino, un innalzamento insostenibile e repentino del valore dei fosfati. Consigliamo quindi anche a voi, quando dobbiate scegliere quale carbone attivo usare, di preferire sempre un materiale prodotto per uso acquariofilo ad uno prodotto per scopi diversi: non vale la pena correre un rischio per il risparmio di pochi centesimi.

Al momento il migliore qualitativamente che possiamo trovare, è proprio quello prodotto con la combustione delle noci di cocco.

In che forma trovo il carbone attivo in commercio?

Dopo il processo di produzione, segue uno di formazione. Quello che esce dal nostro reattore, infatti, è nient’altro che una polvere fine e molto tenera. La polvere viene poi compressa e ridotta in scaglie o pellettizzato, a seconda della sua destinazione di uso.

Per le sue caratteristiche chimico-fisiche per uso umano lo si può trovare in polvere o in compresse ma nel nostro caso lo troviamo disponibile in semplici pellet o scaglie.

Una raccomandazione che troppo spesso ormai si dimentica di attuare: quando vorrete utilizzarlo, per migliorare la sua predisposizione ad adsorbire da subito ed al massimo della sua capacità, sciacquatelo sotto acqua corrente affinché venga dilavata la polvere più fine che vedrete essere nera. Badate che l’acqua sia ben calda, quasi a bruciarvi le mani: facendo così predisporrete al meglio i suoi pori o alveoli ad un uso ottimale, rendendo il materiale molto più attivo.

Ovviamente la differente capacità di adsorbimento, determina il costo sul mercato, più scarsa è e meno caro sarà, più sarà efficace e più costerà.
Ultima cosa, tendete a preferire il carbone in granulometria o scaglie piccole, la sua dimensione ideale per i nostri scopi è tra i 3 ed i 5 mm.

Perché il  il carbone attivo adsorbe e non assorbe

Troverete curioso che stiamo continuando ad utilizzare il termine “adsorbire” anzichè “assorbire”: anche se le due parole sono quasi uguali, quella piccola variazione costituisce una grande differenza: 

  • L’assorbimento (o se volete absorbimento) comporta la penetrazione di una sostanza, generalmente liquida o gassosa, in un solido o in un liquido in grado di trattenerlo;
  • L’adsorbimento è una proprietà chimico-fisica dei solidi che consiste nel trattenere o concentrare sulla propria superficie (cioè adsorbire) uno o più componenti di una miscela, siano questi atomi, molecole o ioni, che vengano a contatto con la superficie stessa, lasciando però scorrere altre componenti della miscela di partenza.

Per farvi un esempio pratico

Effettueremo adesso un piccolo esperimento facilmente replicabile a casa attraverso il quale potrete togliervi ogni dubbio sulla sottile differenza che abbiamo appena definito:

Prendete due bicchieri d’acqua di rubinetto e del colorante alimentare, scegliete voi il colore. Versate una/due gocce di colorante nei due bicchieri, giusto per osservare un cambiamento di colore.

Prendiamo ora una spugna da cucina ed immergiamola nel primo bicchiere: l’acqua verrà, come immaginate, assorbita dalla spugna assieme al colorante, cambiando quindi colore essa stessa.

Nel secondo bicchiere, invece, immergiamo un cucchiaio da cucina di carbone attivo e mescoliamo per qualche decina di secondi con un cucchiaino: se non avete esagerato col colorante noterete che l’acqua torna limpida, o quasi. Il colorante quindi, si dirà “adsorbito” dal carbone “adsorbente” lasciando l’acqua praticamente nelle stesse condizioni di partenza.

Il carbone attivo in acquario
Nell’immagine in alto potete notare come una soluzione di blu di metilene si scolori in presenza di quantità variabili di carbone. Col tempo e d agitandole, tutte le soluzioni torneranno infine limpide

Un materiale adsorbente, quindi, riesce a “fermare” su di sé solo una componente di una miscela, selettivamente.

Uno assorbente, invece, non possiede questa proprietà e non sarà in grado di separare le componenti.

Impariamo ad usare i termini correttamente

Dopo quanto raccontato sino a qui, e per meglio definire le cose, ecco le definizioni corrette dei termini:

  • Adsorbimento: la capacità di una superficie a trattenere atomi, molecole e ioni a qualsiasi stato fisico essi siano, solido, gassoso o liquido.
  • Adsorbente: il solido o il liquido che adsorbe, nel nostro caso il carbone.
  • Adsorbito: il gas, il solido o il liquido che viene adsorbito sotto forma di atomi, molecole o ioni.

Di conseguenza, se mi avete seguito sin qui avremo capito il perchè il carbone attivo sia così importante nei suoi molteplici impieghi: il nostro materiale viene utilizzato sia per filtrare l’aria che i liquidi.

Cosa il carbone NON adsorbe?

Se è selettivo per qualcosa, il carbone non toccherà qualcos’altro, giusto? Si, giusto. Il carbone, essendo un solido apolare, non adsorbe tutto ciò che è più polare dell’acqua. Cosa ho detto? Semplicemente che il carbone non sarà in grado di adsorbire l’acqua, e meno male, altrimenti non funzionerebbe, e tutto ciò che abbia una carica elettrica e non sia organico. Tradotto in parole povere, non assorbirà bicarbonato, solfati, cloruri, fosfati, nitrati e calcio, magnesio, ferro non chelati, ovvero non provenienti da un fertilizzante. Mantenere il carbone fisso nel filtro mentre cerchiamo di tirare su una bella pianta rossa sarà non solo controproducente perchè il carbone nuovo adsorbirà tutto il fertilizzante e ne servirà all’inizio una grossa quantità per vedere un minimo effetto, ma in seguito rilascerà (vedremo in seguito perchè) in prevalenza il metallo più presente (il ferro, tipicamente). Questo non solo sbilancerà il fertilizzante, ma alla lunga porterà all’intossicazione della pianta, e alla sua possibile perdita. Pochi protocolli (come il Seachem) riescono ad essere piuttosto efficaci in presenza di carbone, essendo poco o per nulla chelati.

Come si usa il carbone attivo in acquario?

Per comprendere come si usa il carbone attivo in acquario, dobbiamo cercare prima di capire cosa esso è in grado di adsorbire. Il discorso potrebbe entrare nello specifico ed essere molto complesso, ma per farla breve quanto semplice diremo che il carbone è in grado di adsorbire:

  • Oli minerali;
  • BTEX, acronimo di benzene, toluene, etilbenzene e xilene, molecole di origine vegetale usate come solventi per vernici. Se abbiamo la necessità di verniciare qualcosa nella stanza senza poter muovere l’acquario, il carbone ci aiuterà molto;
  • Idrocarburi policiclici aromatici (PACs), i famigerati prodotti cancerogeni “da barbecue”, sono inquinanti anche nell’aria e possono finire in vasca, in tracce;
  • molecole organiche alogenate: si tratta spesso di insetticidi o erbicidi, i primi soprattutto molto tossici per gli organismi acquatici, ma in generale si tratta di molecole che tendono ad accumularsi nei tessuti grassi e non vengono rimossi dai batteri, se non con difficoltà. Possono essere presenti in tracce nell’acquario se usiamo acqua di rubinetto (cosa che tendiamo sempre a sconsigliare), se la cartuccia di carbone presente nell’impianto di osmosi nostro o del negozio è giunta a saturazione, o se usiamo un insetticida in casa;
  • medicinali: l’uso di elezione per molti degli appassionati di acquario: dopo aver usato un medicinale, una settimana di carbone;
  • elementi di fertilizzazione in genere: quasi tutti i fertilizzanti a base di microelementi che troviamo in commercio, siano essi dedicati all’uso in acqua che per le piante terrestri, sono costituiti da un metallo e da un chelante, ovvero da una molecola organica in grado di avvolgerlo, proteggerlo dall’ossidazione e renderlo in un certo senso più disponibile all’assorbimento da parte della foglia. Il carbone è in grado di trattenere quindi sia il metallo che il suo chelante;
  • acidi umici, responsabili dell’ingiallimento dell’acqua: se per alcuni avere l’acqua ambrata è motivo di orgoglio, per altri invece costituisce un fastidio sia estetico sia un danno per la coltivazione delle piante. Gli acidi umici provengono da materiale vegetale come legni, pigne di ontano, foglie di quercia e di catappa, e dalle piante stesse che, pur producendone solo modeste quantità, causano un accumulo di esse in vasca;
  • coloranti in genere, come abbiamo appena visto nell’esperimento precedente;
  • prodotti di fermentazione: ne abbiamo parlato nell’articolo sull’ossigeno in acqua: possono essere la causa di esplosioni sia batteriche che algali, e in alcuni casi hanno un odore non proprio gradevole. Il carbone attivo ci aiuterà a rimuoverle dalla circolazione!

Come vedete il suo campo di azione è molto vasto, ed aggiungo io, molto meglio così.

Quanto carbone serve in acquario?

Tendenzialmente parlando di un carbone molto performante, quindi di buona qualità, la dose consigliabile da usare, è di circa 150 g per 100 lt di acqua da trattare, quindi circa 1,5 g / litro.

A titolo informativo vi propongo una scheda tecnica di un carbone di ottima qualità, per aiutarvi a capire come scegliere un carbone anche soltanto da un sito online.

Esempio di scheda tecnica per un carbone di alta qualità:

  • Contenuto di acqua : inferiore al 2%. Il valore dovrebbe tendere a zero
  • Contenuto di ceneri : inferiore al 2%. Il valore dovrebbe tendere a zero
  • Peso specifico( densità opponente): 740 grammi per litro.
  • Porosità: 1350 m2 per grammo di prodotto. Il valore massimo è 1400.
  • Composizione molecolare: micropori
  • Adsorbenza ( al blu di metilene): 420 mg/g. Il valore massimo è 450 circa
  • Adsorbenza (allo Iodio) : 1350 mg/g. Il valore massimo è 1400 circa
  • Ph: 5. Il valore deve tendere al 5 (massimo risultato raggiungibile)

Quando è utile usare il carbone?

Come abbiamo avuto già modo di constatare nei paragrafi precedenti, gli impieghi e le necessità di usare il carbone in acquario sono molteplici, vediamo di analizzarle una per volta:

  • Avvio con fondi allofani:

Molti fondi allofani sono costituiti da una componente argillosa e da una organica. Nelle prime fasi di maturazione, in cui la richiesta di ossigeno è elevata e l’abbondanza di sostanza organica dissolta dal fondo altrettanto, risulta fondamentale usare del carbone come materiale filtrante. Non a caso ADA consiglia per i suoi allestimenti di cominciare con carbone attivo come unico materiale filtrante per il primo mese, di sostituire il materiale con 50% di materiale biologico e 50% di carbone nuovo per il mese successivo, e infine di rimuovere il carbone in favore del materiale biologico dopo un ulteriore mese. Usando qualunque altro fondo allofano, il carbone, anche in sinergia con un materiale biologico adeguato ,all’avvio del progetto risulta molto utile ad evitare la formazione di alghe e cianobatteri.

  • In avvio comunque in qualsiasi situazione:

Anche se pensiamo che all’allestimento la vasca sia sterile, non nè mai così. E per fortuna, perché altrimenti non avverrebbe mai la maturazione. Un breve periodo di filtrazione con il carbone in avvio ci mette comunque e sempre al sicuro da brutte sorprese, ed in fondo non costa più di tanto e male non fa. Vale lo stesso discorso fatto per i fondi allofani; ovviamente i fondi inerti sono meno carichi di sostanza organica, ma filtrare con carbone rimuove l’eccesso di nutrienti ed aiuta a non fare precipitare le cose

Ricordatelo, i nostri nonni, dicevano sempre: un mese di carbone alternato a un mese libero…

  • Dopo un trattamento medicale:

Il suo impiego ci consente di eliminare tutto il medicinale resiudo oltre a quanto già detto sopra, quindi a rendere l’acqua limpida e trasparente.

  • Per schiarire l’acqua troppo ricca di tannini:

Per quanto possa piacere l’acqua scura, la vera acqua scura amazzonica in genere, che viene definita Coca Cola, non è torbida, non si presenta opalescente, ma estremamente limpida. Trattare la vasca con il carbone restituisce alla stessa la sua limpidezza, limitando la sua ambratura.

  • Per “lavare” periodicamente la vasca:

Si, avete capito bene: per lavare la nostra vasca nel tempo, ogni tre, quattro o cinque mesi a seconda del grado del suo carico organico.

E si, la nostra vasca invecchia e nel farlo, nonostante i cambi regolari ed una conduzione ottimale, raccoglie ed accumula residui organici esausti, materiale organico che nulla riesce più ad elaborare, ma che devono essere rimossi.

Un piccolo trattamento regolare con del perossido di idrogeno, una bella pulizia del filtro e di tutti i suoi materiali biologici (eliminando morchia e fanghi), un giro di carbone attivo per una settimana o due e vedrete i risultati (al fondo della scheda, troverete dei link tra cui uno che vi porterà ad un articolo molto dettagliato che vi aiuterà a comprendere meglio questo concetto).

  • Per risolvere esplosioni batteriche

Se per mancanza di ossigeno la microflora batterica dovesse iniziare a fermentare gli scarti, potremmo avere una esplosione batterica in vasca. Con questo nome si intende il fenomeno per cui l’acqua assume un aspetto lattiginoso e in alcuni casi maleodorante, e, se nelle prime fasi di maturazione può essere un fenomeno fisiologico, nelle fasi successive può essere l’avvisaglia di un tracollo: bisogna intervenire subito. Ma come? Cambio d’acqua pulendo il fondo in superficie, carbone nel filtro (che rimuoverà i prodotti di fermentazione, nutrimento per batteri e lieviti che causano la torbidità dell’acqua), e acqua ossigenata per disinfezione, quella da 10 volumi, 1 ml ogni 5 litri versato all’uscita del filtro goccia a goccia una volta ogni 24 ore; è il metodo provato e più rapido per risolvere il problema in poco tempo. Lo stesso trattamento può essere effettuato preventivamente in caso di “incidenti”: il nostro nipotino ha messo un etto di mortadella in vasca per fare mangiare i pesciolini? Avete urtato col gomito il vasetto aperto del mangime e vi è caduto tutto in acqua? Cambio, carbone e perossido di idrogeno vi aiuteranno a non fare precipitare le cose.

  • Per resettare la vasca e cambiare protocollo di fertilizzazione:

Capita che per mille motivi si voglia sostituire il protocollo utilizzato sino a ieri con un altro. Per non fare entrare in conflitto i due protocolli, e per preparare al meglio la vasca, filtriamo con del carbone per qualche giorno e poi ripartiamo con il nuovo protocollo.

  • Per risolvere inquinamenti casuali della vasca:

È stato il nostro compleanno e ci hanno regalato un bel profumatore per la casa, di quelli che nebulizzano, lo abbiamo montato in salotto e i gamberi hanno iniziato a saltare di qua e di là come impazziti. Oppure, senza pensarci, abbiamo appena scaricato mezza bomboletta di Raid nella stanza presi dal raptus per la vista di un ragno e i pesci hanno iniziato a mostrare degli strani sintomi neurologici (i primi a soffrirne saranno i gamberi, ma i pesci non ne saranno immuni). Come risolviamo? Carbone. Ormai lo sapete.

  • Per tamponare un sovraffollamento

Il classico caso del neofita con una vasca di poecilidi misti che si ammalano a vista d’occhio: tenere in questi casi il carbone fisso in vasca e cambiarlo anche ogni 2 settimane aiuta a tamponare l’inquinamento che la vasca produce di per sè. Si intende che la misura di sicurezza non sia definitiva e che l’overstocking della vasca vada risolto rivedendo completamente la gestione, ma nel breve periodo aiuta. Pensate che il carbone è utilizzatissimo anche dagli allevatori da competizione, che mantengono vasche molto piccole con un singolo esemplare: un eccesso di carbonio organico non fa mai bene, rimuoverlo previene malattie e intossicazioni perchè togliendo nutrimento ai batteri aumenta l’ossigeno a disposizione dell’animale.

Sfatiamo un mito: il carbone dopo un certo tempo rilascia quanto adsorbito

Uno dei punti su cui i detrattori del carbone (ma perchè?) battono molto è che il carbone è come una spugna: quello che assorbe, lo cederà poi nel tempo, sporcandoci la vasca.

Beh… Ni.

Cioè, il carbone finché avrà modo di farlo, continuerà ad adsorbire solo ed unicamente materia organica, ma senza una grande selettività e senza legarla fortemente. Cosa vuol dire ciò? 

Per il carbone, che sulla sua superficie si fermi un amminoacido discioltosi dall’escremento di un pesce o che si leghi una molecola di antibiotico che abbiamo inserito per curare una malattia, non cambia granché, e la forza con cui aderiscono non sarà per nulla forte, e quindi reversibile. Ne deriva, quindi, che dopo un certo periodo in cui tutti i siti in cui si poteva legare qualcosa saranno occupati, una nuova molecola normalmente presente in vasca vada a scalzare una di antibiotico, rimettendo questo in circolo.

Se quindi stiamo usando il carbone per un trattamento medicinale, si, è bene tenerlo per un periodo limitato per evitare che tracce della sostanza da rimuovere tornino in giro a dar fastidio.

Ma se invece abbiamo inserito il carbone per “lavare la vasca” o per risolvere una esplosione batterica?

In questo caso il materiale adsorbito sarà quello sempre presente in circolo, quindi una volta che il carbone sarà saturo di materiale organico, una molecola A andrà a prendere il posto di un’altra molecola A, che tornerà in circolo. Totale dell’operazione: 0. il Carbone è diventato “inerte”, non svolge più il suo lavoro, ma nemmeno inquina. Possiamo a quel punto rimuoverlo, o lasciarlo dov’è. Non cambierà nulla, tranne che a causa della sua elevata porosità il carbone diventerà anche un eccellente supporto biologico per il nostro filtro. Se non abbiamo quindi la necessità di fertilizzare, la sua presenza non ci crea nessun problema. 

Se stiamo fertilizzando, invece, il carbone assorbirà per prima cosa tutto il chelato, rilasciando poi (statisticamente) più ferro, l’elemento sempre più presente nei fertilizzanti a microelementi, che altri metalli. Il risultato sarà una intossicazione della pianta, con possibilità di deformazione degli apici, e, se non interveniamo in fretta, cambiando il carbone e ripartendo in pochi giorni con una dose bilanciata, anche alla perdita della pianta, qualora questa sia particolarmente delicata nei confronti dei microelementi.

 

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