Intervista a Fabrizio Lattuca – parte seconda

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Intervista a Fabrizio Lattuca – Seconda parte

 

Le piante non sono un arredo secondario ma un elemento essenziale nella biologia di un acquario. Dopo aver visto nella prima parte le proprietà e le caratteristiche dell’elemento principale di un acquario (l’acqua!), Fabrizio ci spiega le necessità delle piante in fatto di nutrizione minerale.

 

D.
Veniamo ora allo spinoso quanto delicato problema di come coltivare le nostre piante, di che cosa hanno bisogno le stesse per vegetare correttamente?


R.
Le piante sono degli organismi autotrofi.
Ovvero riescono a fabbricare da se le sostanze organiche di cui hanno bisogno per vivere, a partire da semplici Sali minerali e dall’energia luminosa.
La risposta alla domanda è quindi banale.

Le piante hanno bisogno di luce nella giusta quantità e qualità e di nutrienti minerali.
Circa la luce, va notato che la luce utilizzata dalle piante è quella che cade in un certo intervallo di lunghezze d’onda (la cosiddetta luce luce “PAR”, Photosinthetic Active Radiaction, o Radiazione fotosinteticamente attiva); che va da circa 400 a circa 700 nanometri (dal vicino ultravioletto al vicino infrarosso).
Deve essere inoltre fornita nella giusta intensità e, pur rimanendo all’interno del range [400-700] nm, con i corretti rapporti reciproci tra le singole lunghezze d’onda (ovvero con il corretto “spettro”).

 

 

Ma affrontare l’argomento illuminazione necessiterebbe di un trattato ampio e separato; concentriamoci quindi sulla seconda parte: gli elementi nutritivi minerali.

Non prima di avere rimarcato il fatto che, per vivere e prosperare, le piante necessitano anche dei corretti parametri ambientali.
In particolare pH, temperatura, salinità/conduttività, potenziale Redox.

 

D.
Quindi anche le piante hanno ovviamente necessità di nutrirsi, e noi dobbiamo cercare di fornir loro quanto serve, ma cosa gli serve realmente? Intendo dire, quali elementi sono indispensabili e quali no, o quali sono dannosi, ed in che rapporto è necessario mantenere tra loro questi elementi, e quale è possibile, (sempre che si possa affermare una simile cosa), semplicemente tralasciare?


R.
Ovviamente anche le piante, come tutti gli esseri viventi, hanno necessità di nutrirsi.
Le piante sono organismi cosiddetti “autotrofi”; ovvero riescono a sintetizzare le sostanze organiche a loro necessarie (ad esempio gli zuccheri), partendo da semplici sali minerali.
Questi sali minerali dunque costituiscono ciò di cui le piante hanno bisogno perché possano nutrirsi e vivere.
La nutrizione minerale delle piante riguarda tutto ciò che coinvolge l’insieme di elementi minerali che risultano ad esse indispensabili.

Ovvero gli elementi minerali in mancanza dei quali la pianta non potrebbe espletare perfettamente tutte le sue funzioni vitali, dalla nascita alla riproduzione.

La ricerca relativa agli elementi indispensabili alle piante comincia a concretizzarsi intorno al 1780 con la scoperta del ruolo della Fotosintesi e del Carbonio atmosferico, per poi proseguire per tutto il 1800 ed il 1900 con la scoperta della indispensabilità di tutti gli altri elementi fino al Nickel (1975-1999).

La scienza della nutrizione minerale delle piante è ancora in evoluzione, tuttavia attualmente vi è un buon consenso nella comunità internazionale circa l’indispensabilità dei seguenti 17 elementi:

Ossigeno, Carbonio, Idrogeno, Potassio, Azoto, Calcio, Cloro, Magnesio, Zolfo, Fosforo, Ferro, Manganese, Zinco, Boro, Rame, Molibdeno, Nickel

Pochi altri elementi vengono ritenuti benefici, per particolari colture ed in particolari circostanze.

In particolare il Cobalto (piante leguminose), il Silicio, il Selenio ed il Sodio (piante dal metabolismo CAM e C4).

Per qualcun altro si è in dubbio anche circa il loro eventuale effetto benefico (e sempre solo per particolari colture ed in particolari circostanze).

In particolare il Vanadio e l’Alluminio.

Ogni altro elemento deve essere ritenuto, oltre che non necessario, potenzialmente dannoso.

In realtà, considerando le piante acquatiche e la loro coltivazione in acquario, ogni altro elemento rispetto ai 17 elementi classificati sopra come indispensabili, va considerato allo stato delle conoscenze attuali come inutile e dannoso.

In particolare:

– Cobalto: per il suo ruolo indispensabile per la crescita delle alghe Blu-Verdi (Cianobatteri)

– Silicio: per il suo ruolo indispensabile nella crescita delle alghe Silicee (Diatomee)

– Vanadio: Per la sua alta affinità per i chelanti, con conseguente destabilizzazione delle miscele di microelementi chelati.

– Alluminio: Per la sua alta affinità per i chelanti, con conseguente destabilizzazione delle miscele di microelementi chelati.

– Sodio: per la sua capacità di venire assorbito al posto del Potassio, pur senza poi poterlo rimpiazzare del tutto nel metabolismo della pianta (In acquario non si coltivano piante con metabolismo di base di tipo CAM o C4).

Tutti gli esseri viventi hanno delle necessità peculiari circa le quantità e le proporzioni reciproche degli elementi nutritivi a loro indispensabili.
Le piante non fanno eccezione per quanto riguarda l’assorbimento e l’utilizzazione dei minerali a loro indispensabili.
Ci sono ovviamente delle variabilità tra le varie specie, all’interno della singola specie in funzione del diverso grado di sviluppo e di vari altri parametri; ma il concetto rimane invariato.

Generalmente per conoscere queste quantità e proporzioni si effettua l’analisi del cosiddetto “residuo secco”, ovvero si considerano dei campioni di pianta da analizzare, si elimina l’acqua riducendo il tessuto in cenere e si analizza il contenuto minerale delle ceneri.

Analizzando dunque la composizione delle piante acquatiche, relativamente ai 17 elementi considerati indispensabili, e rappresentando questi in ordine decrescente espresso in percentuale si ricava una lista siffatta: (*).

 

Ossigeno 430000 ppm
Carbonio 420000 ppm
Idrogeno 60000 ppm
Potassio 30000 ppm
Azoto 22000 ppm
Calcio 12000 ppm
Cloro 10000 ppm
Magnesio 3700 ppm
Zolfo 3500 ppm
Fosforo 3000 ppm
Ferro 500 ppm
Manganese 200 ppm
Zinco 100 ppm
Boro 35 ppm
Rame 13 ppm
Nickel 2 ppm
Molibdeno 1 ppm

 

(*) La lista sopra è una media derivante dallo studio della letteratura a riguardo e da un numero molto elevato di analisi personalmente effettuate su varie decine di specie piante acquatiche provenienti dai loro biotopi naturali ed in coltura.

Nonostante come detto ci sia una buona variabilità (in funzione della specie, del ciclo vegetativo, della stagione, della porzione di pianta analizzata, della composizione chimica dell’acqua etc. etc.), i dati provenienti dalle piante acquatiche in buona salute sono abbastanza coerenti con la lista su esposta.

Ovvero, le piante acquatiche, per mantenersi e presentarsi in ottima salute, devono avere una composizione interna, con rapporti tra i vari elementi nutritivi, che si avvicina molto a quella esposta sopra.

Questo indubbiamente rappresenta un importante riferimento per chiunque si approcci alla loro coltivazione!

Anche se va detto che la tabella sopra, che rappresenta la composizione interna delle piante acquatiche, in generale non si traduce direttamente nella composizione dell’acqua di coltura.

E questo è vero in particolare per i microelementi che vengono spesso introdotti in acqua sottoforma di composti cosiddetti chelati (maggiori notizie a riguardo verranno date in seguito).

 

D.
Normalmente e in modo semplice, dopo aver diviso gli elementi nutritivi, in Macro, Meso e Micro elementi, come devono essere ripartiti in una fertilizzazione corretta ed ottimale?

R.
Analizziamo ora la lista degli elementi indispensabili già introdotta nel paragrafo precedente, cercando di raggruppare gli elementi indispensabili in funzione della loro quantità mediamente presente all’interno dei tessuti dei vegetali acquatici e della relativa difficoltà di reperimento per gli stessi

Come si può comprendere, alcuni di essi non creano problemi di reperimento, come l’Ossigeno e l’Idrogeno (che vengono ricavati dall’acqua).

Il Carbonio è un po’ un caso a parte, in quanto non presenta problemi di reperimento per le piante emerse, mentre diventa spesso un elemento problematico e limitante per le piante sommerse.

Altri risultano di più difficile reperibilità per le piante.

La classificazione tutt’oggi prevalente è quella che divide gli elementi indispensabili in “Macro”, “Meso” e “Micro” elementi ed è stata fatta già molti decenni fa in riferimento alla coltivazione delle piante emerse.

Venne definito “Macro elemento” un elemento che viene consumato dalla pianta in grosse quantità durante il suo ciclo vitale.

I “Micro elementi” sono degli elementi utilizzati dalla pianta in minore quantità.
Mentre i “Meso elementi” sono tutti quelli che vengono consumati in quantità intermedia tra i due gruppi sopra citati.

Convenzionalmente con il termine di “Macro” elementi si indicano [Azoto, Fosforo e Potassio], mentre con il termine di “Micro” elementi si indicano [Ferro, Manganese, Zinco, Rame, Boro, Molibdeno, Cloro e Nickel].

Si indicano poi generalmente [Zolfo, Calcio e Magnesio] come “Meso” elementi

Ed a questo punto, anche guardando la lista di elementi qui sopra, è già necessario fare delle precisazioni.

 

  1. Innanzitutto occorre precisare che la quantità consumata di un elemento non è legata alla importanza che questo elemento riveste.
    Ovvero tutti gli elementi citati sopra sono assolutamente indispensabili e se ne manca anche solo uno, la pianta non riesce a completare correttamente il suo ciclo vitale.
    Se vogliamo fare un paragone facilmente comprensibile, sarebbe come dire che per una persona l’acqua è molto meno importante dell’aria in quanto, giornalmente, beviamo un quantitativo in litri di acqua molto inferiore rispetto ai litri di aria che respiriamo.
    Legittimo pensarlo, ma è comunque chiaro che l’acqua è di per se un elemento assolutamente indispensabile; privati della quale moriremmo ugualmente in breve.
    Ovvio che però la quantità gioca un ruolo molto importante sulla facilità di reperimento.
    Ad esempio il Nickel (che solo di recente è stato scoperto essere indispensabile) è necessario in piccolissime quantità; talmente piccole che spesso non è neanche necessario fornirlo di proposito, bastando le tracce che si riescono comunque a reperire nell’ambiente circostante (acqua, suolo etc.).
    Comprensibile quindi che dal punto di vista “operativo” si sia portati a considerarlo di secondaria importanza rispetto ad altri il cui approvvigionamento risulta più problematico a causa delle grandi quantità necessarie.
  2. La classificazione Macro e Micro elementi dipende dalle esperienze fatte agli albori degli studi sulla nutrizioStudi che, inutile dirlo, furono fatti su piante terrestri.
    In realtà, a giudicare dalla quantità consumata, la classificazione del Fosforo come “Macro nutriente” andrebbe riconsiderata, in quanto è consumato in quantità inferiori rispetto ad altri non considerati tali; come ad esempio Calcio, Magnesio e (spesso) anche Zolfo.
    Per le piante acquatiche invece è il Carbonio uno degli elementi di più difficile reperibilità (nelle quantità necessarie alla piena crescita).
    Negli impianti di coltivazione (come anche gli acquari) il Carbonio è probabilmente il maggiore limitante della crescita e va fornito dall’esterno se si desidera la crescita migliore e più rapida.
  3. Il Cloro viene spesso accumulato in grosse quantità all’interno dei tessuti delle piante acquatiche, ma in realtà è da considerarsi un microelemento a tutti gli effetti.


In considerazione di questo personalmente considero che per le piante acquatiche la suddivisione degli elementi nutritivi debba essere la seguente (tralasciando Idrogeno e Ossigeno):

Macro elementi

Carbonio, Azoto e Potassio

Meso elementi:

Calcio, Magnesio, Fosforo, Zolfo

Micro elementi

Cloro, Ferro, Manganese, Zinco, Boro, Rame, Molibdeno, Nickel

Quanto detto sopra, unitamente al comportamento in acqua dei minerali in esame, chiaramente influenza il nostro comportamento per ciò che riguarda il mantenimento e la fertilizzazione delle nostre vasche.
Ovvero dobbiamo:

  1. Fornire costantemente Carbonio dall’esterno (bombola e diffusore).
    Idealmente per mantenere una concentrazione di CO
    2 disciolta nel range [20-30] mg/l
  2. Garantire una quantità bilanciata e costante di Potassio, Calcio e Magnesio (rapporto circa 1,5: 1: 0,3). Ad esempio: K=45 mg/l; Ca= 30 mg/l; Mg: 9 mg/l
  3. Fornire una buona quantità di Azoto in maniera bilanciata col Fosforo; facendo attenzione a non creare squilibri di cui si avvantaggerebbero le alghe.
    Ad esempio introdurre Nitrati e Fosfati in ragione di 10 mg/l ed 1 mg/l, monitorarne il consumo e reintrodurli quando questi sono prossimi a venire esauriti.
  4. Garantire una costante discreta concentrazione di Zolfo (minerale molto importante, ma che in generale, per la sua buona presenza, non crea grossi problemi di approvvigionamento da parte delle piante).
  5. Evitare di esagerare con il Cloruro (inutile in quantità sensibilmente superiori a quelle degli altri microelementi) e di innalzare inutilmente con esso la conduttività.
  6. Garantire una costante concentrazione di tutti i Microelementi indispensabili.

Questo pone spesso i problemi principali, a causa delle caratteristiche chimico-fisiche e biologiche di molti di essi.
I microelementi sono infatti dei metalli che risentono in acqua di reazioni di ossido-riduzione che li portano a diventare insolubili e conseguentemente precipitare e diventare indisponibili per le piante acquatiche.
Non si può neanche dosarli in quantità sensibilmente superiori al necessario poiché in alte concentrazioni diventano tossici per le piante e gli animali acquatici.
Ecco che allora, per risolvere questi problemi, già diversi decenni fa si riuscì a sviluppare delle molecole di sintesi (i cosiddetti “chelanti”) in grado di garantire, se ben usati, sia un abbattimento della loro tossicità, sia una loro presenza in acqua in quantità sostenuta e costante.

 

D.
Spesso si parla di Elementi mobili ed Immobili, di che cosa stiamo parlando?

R.
Prima di discutere circa i sintomi da carenza dei vari elementi nutritivi, bisogna evidenziare il fatto che, a fini concettuali e diagnostici, è generalmente utile effettuare una loro catalogazione in “elementi mobili” ed “elementi immobili”.

Vediamo di seguito il significato.

Elementi mobili

Gli elementi mobili sono elementi che la pianta in carenza riesce a rimuovere dalle foglie più vecchie per fornirlo alle giovani.
Sono chiaramente elementi non strutturali (non immobilizzati nelle pareti cellulari ad esempio), ma elementi presenti in luoghi che permettono la ritraslocazione.
Ad esempio nei fluidi interni alla pianta (Phloema e Xylema).
La loro carenza si presenta quindi dapprima sulle foglie vecchie.

Azoto
Potassio
Magnesio
Cloro
Fosforo
Molibdeno

 

Elementi immobili
Gli elementi immobili invece sono quelli che fanno parte della struttura della pianta e quindi non possono essere mobilizzati e ritraslocati al bisogno.
Ovvero la pianta non può sottrarli alle foglie vecchie per sostenere con questi la crescita delle foglie giovani.
La loro carenza si presenta quindi sulle foglie giovani

Calcio
Ferro
Manganese
Boro
Zinco
Nickel

 

Elementi parzialmente mobili

Vi sono poi degli elementi che possono venire parzialmente ritraslocati all’interno della pianta.
La loro carenza quindi compare in una zona relativamente ampia della pianta.

Rame
Zolfo

 

D.
Ma tutti questi Elementi, sono indispensabili alla vita delle nostre piante? E se sì, come possiamo orientarci nel mercato dei protocolli commerciali, o nel fai da te, vedi PMDD ad esempio?

R.
Come già detto, gli elementi essenziali per le piante sono 17.
Di questi 17, eliminando Ossigeno e Idrogeno (perché presenti in acqua) e Nickel (perché generalmente presente in quantità sufficiente nell’acqua e nei materiali utilizzati), 14 elementi devono essere forniti dall’esterno (da noi).


Il Carbonio viene poi fornito tramite la diffusione in acqua di anidride carbonica e non fa parte di protocolli commerciali delle varie aziende dell’ambito acquariofilo.

Dunque ogni protocollo commerciale deve garantire il necessario apporto dei rimanenti 13 elementi essenziali.
E qui sorgono spesso dei problemi.
Problemi circa le varie strategie di somministrazione, le quantità di elementi introdotti, i loro rapporti e le relative forme chimiche.
I problemi sorgono in misura maggiore con i microelementi, in virtù delle loro già citate peculiarità chimico-fisico-biologiche, che danno ampio spazio alla attuazione di strategie relative alla loro somministrazione.
In generale per i microelementi, nella coltivazione di piante acquatiche esigenti, lo spazio per il fai da te è circa zero.

In generale il consiglio è sempre quello di informarsi (ad esempio con quanto stiamo scrivendo in questo articolo) circa le necessità delle piante acquatiche ed in base a questo valutare i vari protocolli commerciali delle singole aziende (in funzione di quanto queste aziende esplicitano circa la composizione dei propri prodotti).
Una volta individuati dei prodotti che riteniamo possano essere adeguati, dobbiamo necessariamente provarli (nell’assoluto rispetto delle indicazioni del produttore) e valutarli in funzione di:

  1. Risultati
  2. Presenza di un protocollo chiaro e facilmente seguibile (che dovrebbe assicurare la ripetibilità dei risultati)
  3. Ripetibilità (i risultati devono essere mantenuti nel tempo); funzione anche del su citato protocollo
  4. Sostenibilità (economica ma anche gestionale; ovvero semplicità d’uso)


Relativamente ai Microelementi purtroppo, non si può fare a meno che provare i singoli prodotti nell’assoluto rispetto delle indicazioni del produttore, ed osservare i risultati.
Questo perché, relativamente a questi, le considerazioni di natura chimico-fisica-biologica a fare sono talmente tante e complicate da fare che non sono in alcun modo alla portata del normale acquariofilo.
Acquariofilo che, tra l’altro, per poter tentare di capire qualcosa dovrebbe conoscere in maniera esatta la composizione del prodotto (tra cui quantità dei diversi microelementi, ma soprattutto quantità e tipologia dei chelanti usati) ed avere accesso a speciali software di speciazione chimica.

 

D.
Occorre quindi riuscire a capire giorno per giorno, le nostre piante, con una osservazione attenta, e capire se ci trova difronte ad un caso di carenza o di eccesso. Come e quali sono o possono essere i segnali da osservare e tenere sotto controllo?


R.
I segnali relativi a problemi/squilibri nutrizionali nelle piante acquatiche si manifestano innanzitutto con un rallentamento della crescita.
Quindi compaiono dei sintomi a livello delle foglie ed in misura minore, dei fusti.
I sintomi seguono ben e il raggruppamento già fatto in elementi mobili ed immobili e possiamo schematizzarli come segue:

 

Elementi mobili

Azoto:

L’Azoto è un elemento mobile all’interno della pianta; quindi una sua carenza si manifesta inizialmente sulle foglie più vecchie.
Queste ingialliscono rapidamente mostrando prima una colorazione verde pallida e quindi una clorosi (ingiallimento) uniforme e diffusa.
Le foglie giovani riescono generalmente a rimanere verdi (sebbene più pallide) grazie all’ Azoto traslocato dalle foglie vecchie, ma vanno via via rimpicciolendosi.
Contemporaneamente la crescita della pianta rallenta, così come la ramificazione.
Quando la carenza si protrae la pianta perde via via le foglie a partire da quelle più vecchie ed infine muore.

Potassio:

Il Potassio è un elemento mobile.
La sua carenza si manifesta quindi dapprima nelle foglie mature che si presentano con aree giallastre più o meno ampie che evolvono in buchi circondati da aree necrotiche.
Tipica delle Hygrophyla è la presenza di piccoli buchi rotondi sulle foglie mature.
Se la carenza si protrae la pianta perde le foglie a partire dalle più vecchie.
Se la carenza non viene corretta anche le foglie giovani vengono in ultimo interessate, presentandosi piccole e clorotiche

Magnesio:

Le foglie mature si presentano con aree clorotiche estese; in particolare nel tessuto tra le venature.
Se la carenza si protrae le foglie si assottigliano e si sfaldano tra le venature, presentando degli squarci frastagliati (tipici in piante a foglia larga e sottile come ad esempio in Rotala macrandra).
La carenza protratta arriva poi ad interessare anche le foglie giovani che si presentano piccole e pallide per incorretta fotosintesi (in cui il magnesio gioca un ruolo chiave)

Cloro:

La carenza di Cloro si manifesta con clorosi e necrosi a partire dalle foglie mature e più evidente lungo i bordi e gli apici.

Fosforo:

Le foglie vecchie appaiono con zone danneggiate ed ingiallite soprattutto lungo i bordi.
Contemporaneamente però tutta la pianta rallenta la sua crescita.
Le foglie vecchie quindi via via muoiono e cadono, mentre la crescita diviene progressivamente sempre più lenta.
Man mano che il Fosforo ritraslocato dalle foglie più vecchie alle foglie più giovani finisce la crescita si arresta e se la carenza si protrae la pianta muore.

Molibdeno:

La carenza di Molibdeno si presenta sulle foglie vecchie con sintomi molto simili alla carenza di Azoto.
La carenza di Molibdeno infatti impedisce la riduzione dei Nitrati e conseguentemente l’assorbimento dell’Azoto quando questo viene fornito sotto forma di Nitrato.
Talvolta sono possibili malformazioni fogliari su alcune piante.

 

Elementi immobili

Calcio:

Poiché il calcio è un elemento che viene accumulato prevalentemente nelle pareti cellulari (ruolo strutturale) non può essere rimosso e ritraslocato all’interno della pianta (elemento immobile).
Conseguentemente la sua carenza si manifesta dapprima sulle foglie giovani.
Queste si presentano piccole, pallide e deboli, molto spesso con struttura danneggiata (contorte) e generalmente a partire dalla punta.
Se la carenza si protrae gli apici vegetativi muoiono.

Ferro:

Problemi agli apici vegetativi con foglie pallide e scolorite.
La carenza di Ferro è molto evidente su piante che producono pigmenti rossi (ad esempio Rotala macrandra), la cui sintesi risulta molto compromessa.
La dimensione delle foglie è circa normale in carenza lieve/moderata e diminuisce all’aumentare della gravità della carenza.
Non sono quasi mai presenti malformazioni fogliari.

Manganese:

Problemi agli apici vegetativi con foglie scolorite; molto simile alla carenza di Ferro.
La carenza di Manganese è molto evidente su piante che producono sfumature superficiali violacee (ad esempio Limnophila aromaticoides).
In questo caso le foglie appaiono di un tipico colore cangiante cambiando l’angolo di osservazione da perpendicolare (superiormente) a tangente (lateralmente) la lamina fogliare.
In presenza di carenza di Manganese queste sfumature rosso/violacee diminuiscono e le foglie sembrano sbiancare cambiando angolo di osservazione.

Boro:

Problemi agli apici vegetativi con foglie pallide, piccole e malformate.
Problemi più evidenti a partire dalla base (anche necrosi);
Internodi accorciati e radici stentate.
Pianta piuttosto fragile e rigida, con steli che si rompono facilmente se piegati.

Zinco:

Problemi agli apici vegetativi con foglie pallide (clorosi intervenale, spesso più evidente nella parte basale), piccole e che spesso mostrano malformazioni alla lamina fogliare, soprattutto ai bordi laterali, che le fa apparire in genere strette ed appuntite ma anche distorte.
Gli internodi sono sempre molto accorciati.

Nickel:

Problemi principalmente agli apici vegetativi con foglie piccole e malformate.
Problemi più evidenti a partire dalle punte.
Questo è causato dall’ accumulo di quantità tossiche di Urea ed Ureidi che non possono essere metabolizzati senza Nickel.

 

Elementi parzialmente mobili

Rame:

Problemi agli apici vegetativi ma anche alle foglie giovani sottostanti, con foglie con leggera clorosi, più piccole e distorte in maniera caratteristica.
La lunghezza internodale viene spesso impattata ma meno che con la carenza di Zinco.
Spesso sui fusti sono presenti delle striature necrotiche verticali.
Le foglie soffrono di arricciamenti e piegature gravi della lamina fogliare, e possono apparire persino attorcigliate a ricciolo oppure ad elica.
Oppure possono presentarsi con i bordi piegati verso l’alto o verso il basso generalmente in maniera non uniforme lungo tutta la foglia e le due lamine fogliari (sinistra e destra).
La lamina fogliare in ogni caso non si presenta ben distesa e piatta come dovrebbe.

Zolfo:

Lo Zolfo può venire moderatamente ritraslocato all’interno della pianta.
La pianta ha difficoltà a produrre proteine dall’ Azoto (ruolo chiave dello zolfo).
La sua carenza si manifesta con una perdita di vigore ed un ingiallimento generalizzato.

 

D.
Secondo te e la tua esperienza, è meglio subire una carenza od un eccesso, voglio dire, è meglio tenere un comportamento che tenda a lasciare a stecchetto le nostre piante, al limite delle carenze o eccedere un minimo verso l’eccesso?

R.
Sicuramente è conveniente eccedere leggermente per essere sicuri di evitare in ogni caso carenze.
Piante in rapida crescita (con un metabolismo molto accelerato) possono collassare in maniera difficilmente recuperabile nel giro di uno-due giorni in mancanza di un elemento essenziale.
Però allo stesso tempo bisogna evitare di eccedere oltre misura, poiché questo facilmente conduce a squilibri nutrizionali (dovuti spesso ad antagonismi tra elementi) ed a squilibri nell’ecosistema della vasca (generalmente con conseguenti proliferazioni algali o di cianobatteri).
Tutto questo ovviamente va valutato per ogni singola vasca e ne determina conseguentemente la conduzione.

 

D.
Ma tutti questi elementi, devono essere somministrati in modo puro o devono essere in qualche modo trattati, mi riferisco ai chelanti, di cui sempre si sente parlare. Cosa sono esattamente i chelanti?

R.
Generalmente gli elementi possono essere somministrati sotto forma di sali inorganici.
Questi si sciolgono in acqua liberando le loro due componenti ioniche di segno elettrico opposto (Anione e Catione) e questi possono venire assorbiti dalle piante.
Ad esempio; se si introduce il sale “Nitrato di Potassio” (KNO
3), questo in acqua si scinderà nelle sue due componenti: Lo ione Positivo (Catione) Potassio (K+) e lo ione negativo Nitrato (NO3).
Potassio e Nitrato potranno quindi venire assorbiti dalle piante come fonte di Potassio ed Azoto.
Ma ci sono delle eccezioni.
Costituite dal Carbonio (dosato come gas sciolto in acqua => Acido Carbonico) e dai microelementi (dosati generalmente sotto forma di un composto organico chiamato “chelato”).
Tralasciamo in questa sede la diffusione in acqua della CO2 gassosa e veniamo quindi ai chelati.

Abbiamo già detto che ci sono degli elementi (come i cosiddetti microelementi che si presentano in soluzione acquosa sotto una forma chimico-fisica instabile.
A causa di questo, questi elementi subiscono, nell’ambiente acquatico, delle trasformazioni chimico-fisiche che li portano ad assumere forme caratterizzate da una bassissima solubilità.
In questo caso questi elementi non rimangono in soluzione acquosa ma assumono forma solida e precipitano verso il fondo.
Una volta precipitati, non essendo più disciolti, non possono più venire assorbiti dalle foglie e steli delle piante acquatiche.
Un classico esempio è costituito dal Ferro, che si presenta allo stato solubile sotto forma di Ferro bivalente (ovvero dotato di 2 cariche positive => Fe2+).
Questo stato però è caratterizzato da una bassissima stabilità e molto velocemente viene ossidato.
Ovvero perde un altro dei suoi elettroni e passa, dalla forma bivalente alla forma trivalente (ovvero dotato di 3 cariche positive => Fe3+).

Il Ferro trivalente è però insolubile in acqua e quindi precipita sotto forma di solido verso il fondo.

Il Ferro in realtà non è l’unico elemento che risenta di variabili fisico-chimiche dell’ambiente circostante e di interazioni con altri elementi che possono portarlo a modificare il suo stato chimico-fisico ed a renderlo indisponibile alle piante.

In generale questo è vero per almeno 4 elementi aventi importantissima rilevanza nutrizionale per le piante.

Il Ferro, il Manganese, lo Zinco ed il Rame.

Per questi elementi riveste particolare utilità fornirli in acqua non in forma ionica libera (es. ione Mn2+), ma in una forma cosiddetta “chelata”.

Ovvero in una forma in cui questi elementi sono ritenuti all’interno di un composto, chiamato appunto chelato (di Manganese, di Ferro, di Zinco, di Rame, etc.).

Questo composto viene creato mettendo in contatto l’elemento chimico da “chelare” (Ferro, Manganese, Zinco, Rame, etc.) ed una molecola facente parte di una classe di cosiddetti “chelanti”.

Un chelante è fondamentalmente un composto chimico che forma un buon numero di legami di vario tipo con alcuni ioni.

Nel formare questi legami la molecola del chelante modifica la sua disposizione spaziale (la sua forma), finendo letteralmente per avvolgere lo ione chelato, intrappolandolo.

Alla fine assomiglia quasi ad una mano che afferra una pallina e la stringe in pugno.

 

 

Così facendo il chelante riduce di molto la disponibilità dello ione chelato a prender parte in altre reazioni chimico-fisiche, impedendo quindi la sua precipitazione e permettendogli quindi di rimanere in soluzione molto più a lungo.

Allo stesso tempo però, per via delle forze di legame con cui lo tiene stretto, il chelante abbassa di molto anche la disponibilità alle piante (ma non solo) dello ione chelato.

In questi casi, per lo ione chelato è necessario parlare non solo e non tanto di concentrazione, ma di “Attività Ionica Libera” (FIA = Free Ion Activity).

La concentrazione ci riferisce circa la quantità totale presente in acqua (chelata), mentre la Attività Libera ci riferisce circa la quota parte di questa quantità totale che risulta biodisponibile.

Ovvero, mentre per elementi non chelati tutta la quantità che si trova disciolta in acqua è, a meno di interazioni e precipitazioni, fondamentalmente disponibile (ad esempio alle piante che coltiviamo), per gli elementi chelati lo è solo per una piccola quota parte (data dall’Attività Ionica Libera).

Questa quota parte è funzione di molte variabili, essenzialmente il tipo di chelante usato (la forza di legame del chelante per lo ione chelato) ed il rapporto tra le quantità di chelante e di ione chelato.

L’Attività Ionica Libera purtroppo non si può misurare ma si può calcolare tramite software appositi, a partire dalla conoscenza delle concentrazioni di tutte le specie chimiche prendenti parte alle reazioni

È questo il modo con cui i famosi Biocondizionatori “detossificano” i metalli pesanti.

Nella loro composizione sono presenti dei chelanti che chelano i metalli presenti in acqua abbattendo la loro biodisponibilità e quindi la loro pericolosità.

Questo va ovviamente sempre bene per ioni di metalli particolarmente pericolosi/dannosi e che non hanno alcun valore nutrizionale per le piante come ad esempio il Piombo.

Per altri ioni … dipende.

Ad esempio…

Il Rame è un metallo pesante piuttosto tossico per gli organismi acquatici.

Ma, allo stesso tempo, è un nutriente indispensabile per le piante e gli animali.

E può esercitare un ruolo piuttosto che l’altro in funzione della sua concentrazione.

Ovvero, in presenza di un chelante, in funzione essenzialmente della sua Attività Ionica Libera (biodisponibilità).

E questo è vero un po’ per tutti i microelementi.

Dunque quando si usa un chelante su di uno ione che è anche un nutriente per le piante bisogna fare le cose con molto criterio; scegliere il chelante più idoneo, e quindi fissare l’Attività Ionica Libera desiderata dosando correttamente il rapporto tra chelante e ione chelato.

Troppo alto e lo ione può diventare indisponibile.

Troppo basso e lo ione può risultare tossico.

Da quanto detto si evince che non ha alcun senso paragonare le due forme (ionica/libera e chelata) di un elemento cercando di valutarne gli effetti sulla base semplicemente delle due concentrazioni.

Questo poiché andrebbero più correttamente paragonate la concentrazione della forma libera con l’Attività Ionica Libera della forma chelata.

Ovvero, l’effetto su di un organismo (animale o vegetale) della stessa quantità di un certo elemento è fondamentalmente diversa in funzione del fatto che si presenti libero oppure chelato; in funzione della tipologia di chelante utilizzato (diversa forza di legame), ovvero del diverso grado di chelazione (diverso rapporto tra quantità di chelante e di elemento chelato).

Ad esempio, 0,5 mg/l di Rame libero sono tossici per tutti gli organismi animali o vegetali, ma la stessa quantità può essere resa totalmente atossica se opportunamente chelata per abbattere la sua Attività Libera fin sotto la soglia di tossicità.

Detto questo, che ha validità generale, è importante in particolare approfondire un poco la chimico-fisica in acqua dei complessi Ferro-Chelati.

Il Ferro nella sua forma ossidata (ferrica) forma complessi chelati stabili con vari chelanti.

Ed è questa la forma nella quale noi lo introduciamo in acqua a scopo nutritivo per le piante.

Ricordiamo però che le piante assorbono il Ferro nella sua forma ridotta (ferrosa)

Le piante allora possono assorbire il Ferro strappandolo al chelante (passando attraverso una riduzione a Ferroso), oppure possono trarre vantaggio di una importante caratteristica dei complessi Ferro-chelati.

Quella di venire abbattuti dalle radiazioni luminose di bassa lunghezza d’onda (nel campo del blu).

Quando questo avviene il chelante degrada ossidandosi a spese del Ferro da lui chelato, che si riduce.

A questo punto, sia per il fatto che il chelante è stato degradato, che per il fatto che i legami che esso forma con il Ferro ridotto sono molto meno forti rispetto a quelli formati originariamente con il Ferro ossidato, le piante riescono facilmente ad assorbire il Ferro che più preferiscono; quello ridotto.

In questo senso i complessi Ferro-chelati possono agire anche come dei composti a lento rilascio di Ferro ridotto, pilotati dalle radiazioni luminose.

Come si vede l‘argomento chelati è molto vasto ed impegnativo da trattare.

In particolare formulare un buon integratore di microelementi chelati non è affatto banale, essendo necessario tenere conto di molte variabili; di progetto ed ambientali.

 

D.

Spesso il problema di tanti appassionati si risolve, a torto, in una carenza di ferro, quanto ritieni che sia concreta questa affermazione? È davvero così importante questo elemento nella coltivazione delle piante?

R.

Si, il Ferro è molto importante; ed è il microelemento consumato in maggiore quantità dalle piante.

Ma gli elementi fondamentali sono tutti ugualmente importanti, indipendentemente dalla quantità necessaria alle piante.

Visto che la carenza di ognuno di loro è in grado di arrestare il ciclo vitale di queste ultime.
Ma è anche vero che minore è la quantità necessaria e minore è la probabilità che le piante risentano di carenza; visto che maggiore sarà la probabilità che le piante riescano a racimolare le quantità a loro necessarie nell’ambiente circostante.

Ciò è particolarmente vero per il Nickel ma anche, in misura minore, per il Molibdeno e per il Boro.

Ad ogni modo il Ferro è generalmente quello più problematico poiché, come detto, è quello necessario in maggiore quantità ed è anche un elemento che, per la sua particolare chimica, rischia di essere difficilmente disponibile in acqua per le piante (a causa della sua tendenza ad ossidarsi, divenendo quindi insolubile e precipitando al fondo come ossido/idrossido).

Vi sono però anche altri microelementi molto problematici sia per la loro chimica in acqua che per l’antagonismo reciproco che evidenziano nel metabolismo vegetale.
In definitiva si può dire che i microelementi particolarmente problematici per le piante acquatiche siano: Ferro, Manganese, Zinco e Rame.

Ad esempio, il Manganese soffre degli stessi problemi di ossidabilità ed indisponibilità del Ferro.

Ed anche il Rame rischia di divenire indisponibile, ma in maniera opposta.

Il Rame infatti viene assorbito dalle piante in forma ossidata (come ione Rameico: Cu++); ma in acqua, spesso in concomitanza o a causa dell’ossidazione di Ferro e Manganese, rischia di venire ridotto a ione Rameoso (Cu+), divenendo indisponibile per le piante.

Lo Zinco infine è coinvolto in diversi meccanismi di antagonismo con gli altri microelementi, in particolare con Manganese e Rame.

Tutto questo fa sì che questi 4 microelementi risultino molto spesso problematici nella nutrizione dei vegetali acquatici.

Il Ferro risulta spesso essere quello più problematico, anche in ragione delle maggiori quantità richieste, ma i problemi dovuti a carenze ed antagonismi degli altri tre non sono affatto trascurabili.

Questo sia che si somministrino in forma ionica libera, che sotto forma di composti, complessati o chelati che siano.


In generale, con i vegetali acquatici è bene fare presente che la carenza di Ferro si evidenzia con scolorimento delle foglie apicali (clorosi) e loro rimpicciolimento ma
non sono MAI presenti distorsioni della lamina o della pagina fogliare.

Qualora queste fossero presenti, si dovrà pensare innanzitutto a problemi con ogni probabilità relativi a Rame, Zinco o Boro.

E tutti noi sappiamo quale sia l’incidenza di questa tipologia di problemi.

D.
Ora sappiamo che per una determinata legge, quella del minimo, alle piante solo la fertilizzazione chimica, non è sufficiente, inoltre, non tutte le piante assorbono elementi dalla sola colonna, quindi anche il fondo di coltivazione diventa importante. Cosa possiamo dire di questo fattore?

R.

È più corretto dire che non tutte le piante assorbono solo o prevalentemente dall’apparato fogliare, ma molte assorbono parecchio dalle radici.

Ciò però non vuol dire che debbano assorbire necessariamente gli elementi rilasciati dal fondo.

Possono anche assorbire molto dalle radici ma assorbire tramite esse gli elementi presenti nell’acqua (ad esempio piante che assorbono dalle radici ma mantenute come epifite).

Se l’acqua è opportunamente “fertilizzata” ed il substrato è correttamente strutturato (sufficientemente permeabile da permettere un buon ricircolo), tutte le piante (anche Echinodorus, Cryptocoryne etc.) possono vivere su substrato inerte assorbendo i nutrienti dall’acqua tramite le foglie E tramite le radici (che ricircolano l’acqua nel substrato).

Il discorso da fare è invece diverso.

Ovvero, in presenza di piante che riescono ad assorbire molto tramite le radici, si può sfruttare questa loro capacità per fornire loro del concime aggiuntivo in prossimità delle radici e spingerle così a crescere ancora più velocemente.

Ovvero ancora, possiamo fornire degli elementi nel fondo con funzione di riserva per fare sì che le piante possano tollerare eventuali nostri errori nella fertilizzazione liquida in acqua.

Bisogna ovviamente stare attenti ad evitare rilasci indesiderati in acqua provenienti dalla concimazione del fondo.

 

Terza ed ultima parte QUI

 


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