L’ossigeno in acquario – Parte 1

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Ossigeno in acquario

L’ossigeno in acquario – Parte 1

Mentre scrivo questo articolo, ci ho messo un po’ per ordinare tutto in maniera schematica, Acquario Chimica e Tecnica ha raggiunto le 10’000 presenze. Non male partendo da zero dopo sei anni di duro lavoro.

Sei anni durante i quali abbiamo risposto alle domande di molti: Perché i pesci si ammalano? Perché le alghe non mi abbandonano? Perché le piante sembrano stentare? Perché l’acqua non è limpida? Eppure i valori sono “perfetti”. Nel seguito di questo articolo andremo ad analizzare cosa succede in vasca a tutti, e perchè il successo di un acquario dipenda dall’unico elemento che non viene misurato mai: l’ossigeno.

Ciò che non viene tenuto in conto in queste situazioni è il ruolo fondamentale che l’ossigeno ricopre in una vasca, importante molto più di quello dell’anidride carbonica, ma molto sottovalutato. Andremo di seguito a considerare il ruolo che l’elemento ha in acqua, e quali siano i metodi migliori per mantenerli in equilibrio.

Il ruolo dell’ossigeno in acquario

“Sa quelli che dicono che non si può vivere senza amore?! L’ossigeno è più importante!” -Doctor House

L’ossigeno, il secondo elemento più diffuso in atmosfera dopo l’azoto, è fondamentale per la vita: ogni organismo aerobico vive di ossigeno, noi compresi, ma questo non è un segreto di pochi. Quello che pochi sanno, invece, è a cosa serve l’ossigeno. Per farlo, torneremo… un po’ indietro con la storia.

Quando è nata la terra, in atmosfera non c’era ossigeno. Eh, già. E meno male! Perché in presenza di ossigeno molecolare la vita, almeno per come la conosciamo noi, non si sarebbe potuta sviluppare sulla terra. I primissimi organismi viventi sul nostro pianeta, infatti, non solo non usavano ossigeno per il proprio metabolismo, ma addirittura questo gli risultava letale! L’ossigeno in alcune sue forme è infatti in grado di apportare seri danni alle molecole che compongono la cellula, inattivandole e causando addirittura la morte dell’intera cellula.

Con l’avanzare delle ere, e con la scarsità di nutrienti in giro, si sono evoluti i primi organismi in grado di accumulare l’energia che gli arriva dalla radiazione luminosa del sole: i cianobatteri. Si, avete letto bene, quelli. Quella massa melmosa e puzzolente che copre talvolta le pietre e gli arredi e che in ogni modo cerchiamo di eliminare ha dato un contributo enorme a rendere il nostro pianeta come è oggi: i cianobatteri sono stati infatti i primi organismi viventi a fare fotosintesi. Ma, come molti di noi sanno, il prodotto finale della fotosintesi è… l’ossigeno!

Cianobatteri
Cianobatteri in una pozza d’acqua. Puzzano, sono viscidi, e rendono l’acqua imbevibile. Ma sapendo che producono la maggior parte dell’ossigeno che respirate, da ora in poi magari li guarderete con un occhio un po’ diverso. No?

I cianobatteri soffrono parecchio ancora oggi comunque la presenza dell’ossigeno, quindi questo prodotto di scarto veniva eliminato in maniera quanto più rapida possibile, per evitare che il batterio si avvelenasse da solo nel tentativo di nutrirsi. Ma non essendoci, ai tempi, nessun essere vivente nè reazione chimica in grado di consumare massivamente e in continazione quel gas, questo si è accumulato in atmosfera fino a raggiungere un 20-21% della quantità totale, formando lo strato di ozono che ci protegge dalla radiazione ultravioletta solare, e rendendo quindi la vita possibile anche al di fuori di qualche metro sotto la superficie dell’acqua.

Col tempo, e con la necessità di occupare nuove nicchie biologiche, gli esseri viventi si sono evoluti non solo per rendere l’ossigeno innocuo per la propria salute, ma anche per sfruttarlo a proprio favore in una ampia gamma di reazioni biologiche.

L’ossigeno elementare viene assunto nell’organismo dei mammiferi e della gran parte degli animali terrestri tramite i polmoni, e tramite le branchie per i pesci, ma in tutti i casi per gli esseri viventi, c’è sempre una proteina che lo lega ed evita che vada in giro a far danni. Una volta legato e addomesticato da queste proteine, l’ossigeno viene trasportato alle cellule, dove viene a sua volta ancorato ad altre proteine in attesa di essere usato. Ma per cosa?

Una cellula è una “macchina biologica” in grado di consumare un carburante, nel caso degli animali quello di elezione è il glucosio, per rinnovare tutta una serie di processi che sono fondamentali per mantenere l’organismo vivo. Per fare ciò, il carboidrato, alla fine di due lunghi processi biologici (glicolisi e ciclo di Krebs, per chi voglia documentarsi)  che valgono vari crediti universitari e quindi non tratteremo in questa sede, deve cedere una parte dei suoi elettroni, ovvero viene ossidato, e l’ossigeno è in grado di cedere i suoi ai prodotti di scarto, che, in presenza di una adeguata quantità di ossigeno sono sostanzialmente molecole di CO2, che viene poi espulsa dall’organismo. 

Non solo, ma l’ossigeno viene utilizzato anche dal sistema immunitario per attaccare e distruggere eventuali parassiti o patogeni: quando c’è una infezione o una infiammazione in atto le cellule del sistema immunitario tra le varie armi a disposizione usano proprio alcune particolari forme attive di ossigeno per cercare di risolvere i problemi. 

In carenza di ossigeno, però, i nostri muscoli, così come i batteri, non riescono a portare a termine tutti i processi di ossidazione che avvengono lungo i due processi metabolici e, non essendo quindi in grado di produrre più CO2, producono più complesse, come il famoso acido lattico ben noto a chi fa attività fisica sotto sforzo.

Questo fenomeno, impiegato da anni dall’uomo a proprio favore, si pensi solo alla produzione di pane, vino e birra, prende il nome di fermentazione, e in acquario può costituire un problema, vedremo perchè.

L’ossigeno in acquario e l’equilibrio della vasca

Il Santo Graal di ogni acquariofilo, la parola più ricorrente, l’obiettivo finale di ogni progetto, è sempre l’equilibrio. La vasca perfetta è un sistema in equilibrio stabile, in grado di reggere accumulo di sostanze o piccole aggiunte dall’esterno senza diventare un pantano invivibile.

L’equilibrio tanto cercato non è però semplice da raggiungere, per un errore concettuale che spesso molti appassionati del settore compiono: l’acquario è per prima cosa un sistema chiuso, ovvero, l’acqua che è all’interno è sempre la stessa, quindi le sostanze tendono ad accumularsi nel tempo. In un lago a carattere piovano, pur se privo di affluenti ed emissari, la quantità di acqua non è certamente la stessa che abbiamo nelle nostre vasche di casa, per quanto queste possano essere grandi, e, come era noto già al tempo dei filosofi greci (panta rei), in un fiume il ricambio d’acqua è praticamente continuo.

Ne consegue che i prodotti di scarto degli organismi viventi, vengono diluiti infinitamente nel lago e vengono dilavati in continuo verso la foce nel caso del fiume. In acquario questo non può avvenire, e inevitabilmente i prodotti di scarto, siano essi deiezioni, animali o foglie morte, o eccessi di mangime, finiscono per sciogliersi ed accumularsi in acqua.

I batteri eterotrofi (per saperne di più leggi qui) sono molto versatili e si sono adattati a consumare una grande quantità di molecole organiche anche di grandi dimensioni per produrre energia, proprio come noi ci siamo adattati con l’evoluzione a non mangiare solo insalata (meno male) ma anche tipi diversi di alimento, ma in ogni caso richiedono ossigeno per portare a termine il proprio lavoro. Per farvi capire meglio la situazione, cercherò di farvi visualizzare cosa è l’equilibrio e come questo si rompe con un esempio pratico.

Esempio pratico: la foglia morta

Foglie
Foglie di acero su fondale. Foto di proprietà di suerob su Flickr.

Prendiamo un esempio pratico: una foglia di una pianta muore e si deposita sul fondale. In assenza di gamberi, lumache o pesci che si nutrono direttamente di materiale vegetale, la foglia sarà destinata a restare lì, dove protozoi, lieviti e batteri potranno iniziare a lavorare per recuperare quanto di buono è rimasto e trasformarlo in energia, ma nel farlo questi consumeranno ossigeno. E consumando la materia vegetale, e l’ossigeno, i microrganismi aumenteranno in numero, richiedendo una quantità maggiore di ossigeno per sopravvivere e moltiplicarsi.

Finchè sul fondale ci sarà quindi un apporto sufficiente di ossigeno, gli organismi eterotrofi saranno in grado di consumare tutto il materiale biologico e trasformarlo in anidride carbonica, con piccolo giovamento della pianta viva, e mantenendo il sistema pulito. Un apporto sufficiente di ossigeno in acqua è dato principalmente dal ricircolo dell’acqua dall’alto verso il basso, dato che l’acqua in superficie scambia una piccola quantità di ossigeno con l’atmosfera ed è quindi generalmente più ricca del prezioso elemento.

Nel momento in cui la richiesta di ossigeno da parte degli organismi viventi è superiore alla quantità disponibile, supponiamo perchè noi non interveniamo pulendo il fondale e quindi le foglie si accumulino, per sopravvivere e cercare di moltiplicarsi il batterio o il lievito inizierà a fermentare (vd. sopra) i nutrienti, non producendo più anidride carbonica, ma altre molecole come acido lattico, acido acetico ed alcol etilico. Si tratta di molecole non gassose, leggere, solubili in acqua, ma più complesse e ancora “buone da mangiare” per alcuni organismi.

Essendo queste sostanze solubili in acqua, nel tempo si diffonderanno in tutto il volume dell’acquario, accumulandosi. Nel caso non intervenissimo noi con delle soluzioni esterne, come ad esempio dei cambi d’acqua regolari e ponderati in base alla sporcizia della vasca, la quantità di materiale fermentato, invisibile al nostro occhio, inizierà però a palesarsi al nostro naso sotto forma di un odore acidulo, che ricorda lontanamente quello del pane in lievitazione. Non si tratta di un segnale di pericolo finchè è un sentore, anzi, ci lascia intendere che la microflora della vasca fa il suo lavoro, ma un odore forte e quasi fastizioso, lascia presagire scenari peggiori, e se un guaio non è già successo, ci lascia capire che è meglio intervenire in fretta: qualcosa non sta andando bene.

Dato che i nutrienti iniziano ad accumularsi in vasca, e l’ossigeno sul fondo è maggiore in alto che sul fondale, e sul fondale i microrganismi hanno mangiato ed iniziano ad essere troppi e l’ossigeno poco, troveranno quindi conveniente, se possono farlo, “staccarsi” dalla foglia ed andare a cercare terreno più fertile più in alto nella colonna d’acqua, o favorire la crescita veloce di altri microrganismi che normalmente non vivono attaccati alle superfici ma sono sempre presenti in acqua. Aumentando molto di numero, inizieranno a diventare visibili anche ad occhio nudo sotto forma di sospensione, formando la famigerata acqua lattiginosa.

In alcuni casi invece, i batteri troveranno più conveniente addirittura andare a stanziarsi tra il liquido, dove possono trovare facile nutrimento disciolto, e l’aria, ricchissima di ossigeno, formando la famosa pellicola oleosa (biofilm), che è formata da un gran numero di batteri legati tra loro in un reticolo che li tiene uniti e in comunicazione tra loro. Questo succede tipicamente quando la superficie dell’acqua ristagna in qualche punto, ed il fenomeno è dannoso  per la vasca, dato che ostacola parzialmente lo scambio di ossigeno tra l’acqua e l’atmosfera, e diminuendo la disponibilità di ossigeno, aumentiamo le possibilità che avvenga una esplosione batterica con acqua lattiginosa, come nel caso precedente.

In questo momento il consumo di ossigeno è massimo, i pesci iniziano a boccheggiare in superficie, andando a cercare le zone più ricche di ossigeno e si amnmaleranno con grande facilità. Ma perchè? E come risolviamo il problema? E perchè le piante…?

Lo scopriremo nella seconda parte dell’articolo.

 

Davide Farina

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