Luce! – 2. La luce delle piante

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La luce “vegetale”

Dopo aver visto la “luce umana“, vediamo quella vegetale.
Ovviamente non possiamo parlare di “vista” in senso stretto, ma anche i vegetali sfruttano la luce. L’uso più evidente e più noto è quello per la fotosintesi.

Per mezzo di questo processo chimico le piante verdi producono sostanze organiche (principalmente carboidrati) a partire dall’anidride carbonica e dall’acqua. L’energia necessaria a questa trasformazione è data dalla luce solare (v. anche: Le richieste delle piante acquatiche).
Nel grafico che segue è possibile vedere le curve di assorbimento della luce da parte delle varie sostanze presenti nei vegetali. In particolare le clorofille a e b hanno due picchi di assorbimento in corrispondenza del blu (430-450 nm) e del rosso (650-670 nm).



Per avere un’idea del colore delle sostanze interessate:

 

Questa analisi, accettata per molti anni dalla comunità scientifica, è stata recentemente rivista partendo dalla contestazione della validità del metodo degli assorbimenti.
I grafici come quello visto sopra, vengono ricavati in laboratorio principalmente facendo passare la luce attraverso un estratto di clorofilla e osservando quale lunghezza d’onda viene assorbita. I picchi di ogni pigmento, però, possono variare a seconda del solvente utilizzato per l’estrazione dalla foglia. Inoltre non viene indicata la percentuale di ciascun pigmento presente in una foglia reale. Il procedimento non è quindi rappresentativo delle complessità della fotosintesi di una foglia vivente. L’assorbimento della luce dipende anche dalle specifiche proteine legate ai pigmenti della clorofilla e all’orientamento generale del pigmento nella foglia. Grafici come questi (ampliamente utilizzati nella letteratura botanica) danno la falsa impressione che la luce verde/gialla non partecipi alla fotosintesi.
Considerando però la struttura dell’intera foglia, si osserva un aumento dell’assorbimento nella regione verde/gialla. L’assorbimento di luce verde è di circa il 70%: la luce verde gioca quindi un ruolo significativo nella fotosintesi.

 

False convinzioni

La convinzione che la fotosintesi fosse spinta essenzialmente dalla luce rossa e blu, ha storicamente portato l’industria a concentrarsi su queste due lunghezze d’onda nella realizzazione di lampade ad alto rendimento energetico in rapporto alla massa vegetale prodotta. Ovviamente queste lampade hanno riscosso immediato successo in campo orticolo in quanto consentono una ottima produzione di massa vegetale con un basso costo energetico rispetto a lampade a spettro completo (luce bianca).
Questo ha purtroppo generato la convinzione (sbagliata) che la luce per la crescita delle piante (grow light) sia solo quella composta da rosso e blu.
L’aspetto di una moderna serra illuminata con lampade LED è questo:

 

Foto Osram opto semiconductors.


Vedremo più avanti l’importanza, non solo visiva, della luce verde. Per il momento limitiamoci ad osservare che lo spettro di emissione luminosa del Sole (traccia rossa nel grafico sopra riportato) è ampio e completo ed ha un picco proprio nella zona del verde. Risulta difficile pensare che le piante possano ignorare tutta questa abbondanza considerato quanto efficienti siano gli esseri viventi nello sfruttare al massimo le risorse che hanno a disposizione.

 

Le unità delle piante

Va da se che lo spettro visibile (tarato sulla vista umana) e le sue unità di misura (lumen e lux) non sono adatti per valutare una sorgente luminosa per uso botanico. Nell’immagine che segue possimo vedere il confronto tra lo spettro visibile (al centro con andamento a campana), lo spettro PAR (zona centrale a sommità piatta) e lo spettro attivo (detto anche curva di McCree, la zona colorata).

 

Spettri Lumen, PAR e YPF (McCree) comparati. Fonte: https://fluence.science


Lo spettro PAR (Photosynthetically Active Radiation, radiazione fotosinteticamente attiva) è quello che esprime l’intervallo di lunghezze d’onda che stimolano la fotosintesi. Come si vede il PAR e più ampio dello spettro visibile e non presenta una curva di “sensibilità” a campana.
Mentre le unità di misura nello spettro visibile misurano l’intensità della radiazione luminosa emessa o ricevuta, le unità di misura in spettro PAR fanno la conta dei fotoni con lunghezza d’onda compresa tra 400 e 700 nm che vengono emessi o ricevuti nell’unità di tempo. Abbiamo quindi:
il PPF (Photosintetic Photon Flux) espresso in µmol/s che misura l’emissione da parte di una sorgente luminosa (omologo del lumen);
il PPFD (Photosynthetic Photon Flux Density) espresso in µmol/m2s che misura la quantità di fotoni PAR che raggiungono una determinata superficie (omologo del lux).
Queste due unità di misura definiscono quanta luce viene emessa e quanta ricevuta ma non ci danno informazioni utili sulla composizione della luce. Per esempio una forte sorgente luminosa a dominante verde emette un flusso elevato sia misurato in lumen che in PPF ma è poco utile per la crescita delle piante.

Spettro PUR

Consci di questo, i già citati produttori di lampade per orticoltura, hanno definito una ulteriore spettro di misura: il PUR (Photosintetic Usable Radiation, radiazione fotosinteticamente utile) come sottoinsieme del PAR che, in pratica, considera solo la luce rossa e blu.

Misurata con questo spettro la nostra sorgente luminosa verde avrebbe una bassa emissione PPF. Il PUR sembra quindi essere l’unico spettro valido per valutare l’emissione di una lampada a scopo botanico, e questo è in parte vero.
O meglio, sarebbe vero se le piante utilizzassero SOLO luce rossa e blu, ma così non è.


Lo Spettro Attivo

Rosso e blu, come abbiamo visto, sono i colori dove si rileva il maggior assorbimento da parte della clorofilla ma è ormai noto che lo spettro di assorbimento dei pigmenti non è un diretto indice dell’efficienza fotosintetica di quello spettro. È stato anche dimostrato che il modo in cui la luce viaggia attraverso i tessuti della foglia non corrisponde all’assorbimento dei pigmenti [1].
Già dai primi anni ’70 dello scorso secolo grazie agli studi del Dr. Keith McCree è nota la risposta fotosintetica globale delle piante alle diverse lunghezze d’onda:

 


Come si può vedere le piante sfruttano tutto lo spettro PAR (verde compreso) e vanno anche oltre sia nell’ultavioletto che nell’infrarosso [2].
Questo “nuovo” spettro è detto Action spectrum (spettro attivo) e viene misurato in YPF (Yield photon flux, flusso fotonico efficace) e YPFD secondo la curva pesata (analogamente al lumen) che si estende da 360 a 760 nm.

Nel sottobosco la luce, filtrata dalle foglie, ha una forte dominante verde. Foto dell’autore.

Anche la curva McCree, però, non è esente da critiche. Lo studio è stato eseguito su singole foglie non è quindi applicabile alla pianta intera. Studi più recenti hanno dimostrato che la luce verde che passa attraverso le foglie superiori viene assorbita dalle foglie “ombreggiate” più basse. Pertanto, YPFD sottovaluta l’assorbimento della luce verde e sottovaluta la sua importanza nel guidare la fotosintesi. Di conseguenza, la misura non pesata (PPFD nel PAR) è probabilmente un indicatore migliore dell’intera risposta fotosintetica della pianta. Inoltre i test furono eseguiti con misurazioni a breve termine: studi più recenti (a lungo termine) hanno dimostrato che la quantità di luce è più importante per la crescita delle piante rispetto alla qualità.
Quindi, anche se lo studio di McCree ha dato un grande contributo alla comprensione della fotosintesi e della fisiologia vegetale, specialmente quando è stato pubblicato per la prima volta nel 1972, sia i risultati dello studio che la successiva interpretazione di questi risultati sono abbastanza imperfetti e superati. [3]

Altri studi hanno indagato l’effetto delle varie lunghezze d’onda su diversi aspetti della vita vegetale
Partendo dalle lunghezze d’onda minori (alta-energia) a quelle maggiori (bassa-energia) vediamo i colori e i loro effetti sulle piante.

 

 

 

 

I colori

Ultravioletto (UV): in molte piante provoca sviluppo di pareti cellulari più spesse. Stimola la produzione di pigmenti, olii, vitamine, antiossidanti e flavonoidi e questo come protezione dagli effetti dannosi dei raggi UV (processi di fotomorfogenesi). Nelle piante che sviluppano naturalmente pigmentazione rossa nelle loro foglie, come la lattuga a foglia rossa, la luce UV è responsabile della produzione di pigmento; senza di essa le piante rimangono verdi.
Tenete a mente che le tradizionali misure di intensità (come Lumen, PAR e PUR) e di qualità (CT, CCT, CRI) non considerano gli UV. Solo un luxmetro UV o un grafico di distribuzione spettrale possono fornire informazioni sulla emissione di UV di una lampada.
Blu: questa luce viene utilizzata direttamente nella fotosintesi, ed è in parte responsabile di innescare nelle piante una crescita compatta piuttosto che “allungata”.
Verde: penetra attraverso gli organi della foglia ed è utilizzata dalle cellule degli strati più profondi [4]. Inoltre è utilizzata dalle foglie basali e caulinari inferiori ed è più efficiente rispetto sia alla luce blu che a quella rossa nel promuovere la fissazione della CO2 sulla pagina inferiore delle foglie. Infatti, l’efficienza fotosintetica o resa quantica della luce verde negli strati più profondi di una foglia è simile a quella della luce rossa e maggiore di quella della luce blu [5]. Sollecita risposte specifiche come il controllo stomatico (responsabile dell’assorbimento della CO2) e il fototropismo.
Giallo: la luce gialla viene assorbita dalle foglie della pianta, ma non utilizzata direttamente; i fotoni gialli “rimbalzo” all’interno delle foglie e perdono energia sotto forma di calore fino a diventare fotoni rossi che la pianta può assorbire. La luce gialla è utile nel portare le foglie alla loro temperatura metabolica ideale quando non sia presente una temperatura dell’aria sufficiente.
Arancio: La luce arancio è usata per fotosintesi, fotomorfogenesi e segnalazione ormonale.
Rosso: la luce rossa è la più facilmente assorbita dalle piante e la più efficiente per la fotosintesi. Tuttavia, senza l’aggiunta di luce nel “rosso lontano”, vicino infrarosso e blu, le piante illuminate soprattutto a luce rossa svilupperanno steli deboli e allungati.
Rosso lontano e vicino infrarosso (IR): vengono utilizzati dalle piante per la segnalazione ormonale, il controllo della fioritura, l’allungamento del gambo, e come potenziatore fotosintetico attraverso un fenomeno noto come effetto Emerson.

Insomma solo con un saldo di luce a tutto spettro da UV a IR le piante potranno raggiungere il loro pieno potenziale. La luce verde e gialla sono necessarie, anche se in quantità inferiore rispetto alla luce fotosinteticamente più efficace (rossa e blu). Le piante coltivate in uno spettro completo tendono ad avere foglie più spesse, maggiore fotosintesi e inferiore senescenza (cioè invecchiamento biologico).

Nella terza parte vedremo come generare la luce adatta per le nostre piante.

Seguici su:


Riferimenti

[1] LED Lighting for Controlled Environment Agriculture” Short Course at the University of Arizona – Video
[2] The action spectrum, absorptance and quantum yield of photosynthesis in crop plants (K.J. McCree)
[3] ChilLED – Understanding LED Grow Light Metrics
[4] Green Light Drives CO2 Fixation Deep within Leaves (Jindong Sun, John N. Nishio, Thomas C. Vogelmann)
[5] Green Light Drives Leaf Photosynthesis More Efficiently than Red Light …
    (Ichiro Terashima, Takashi Fujita, Takeshi Inoue, Wah Soon Chow, Riichi Oguchi)

 

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