Tecniche di avvio di un acquario, parte 2 – Come fare?

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Tecniche di avvio di un acquario, parte 2 – Come fare?

Metodi di avvio

Ogni attività umana ha un inizio, e ogni inizio è sempre un’incognita, soprattutto se è la prima volta che intraprendiamo questa attività.
L’avvio di un acquario non fa eccezione.

0. METODO AVVIO “EMOZIONALE” (MAE)
       ovvero: come  non  avviare una acquario

Prima di vedere i tre tipi di avvio canonici, proviamo a metteci nei panni di un neofita armato di passione ed entusiasmo e seguiamo l’ipotetica evoluzione della sua vasca.
Credo che molti di noi, indipendentemente dal livello attuale, abbiano iniziato più o meno così:


“Ho visto un acquario a casa di un amico, bellissimo! Mi è venuta voglia di averne uno! Sabato vado in un negozio e mi faccio consigliare.”

Primo giorno
Arrivo a casa con una vasca da cento litri e con un buon numero di sacchetti, barattoli e scatolette.
Ho il fondo, i liquidi per avviare la vasca e per fertilizzare, il filtro, le luci, il riscaldatore, un aeratore, un magnete per pulire i vetri e il retino per i pesci.

 

 

Metto la ghiaia ben livellata, aggiungo acqua di rubinetto e le dosi indicate di biocondizionatore e di batteri.
Avrei voluto delle piante di plastica ma il negoziante me le ha sconsigliate. Ho preso sei vasetti di piante facili che mi ha suggerito lui. I pesci li metterò la prossima settimana (come mi ha detto il negoziante).
E’ tutto pronto, accendo pompa e luci. L’acqua è torbida ma credo sia normale.
Infatti già dopo un paio di ore l’acqua è quasi perfetta e le piante si sono raddrizzate un pochino.

Secondo giorno
La situazione è uguale a ieri. Aggiungo una dose di batteri come mi è stato detto.

Nebbia batterica. Foto: Francesco Rosellini – ACT

Terzo giorno
Vedo una leggero intorbidimento dell’acqua ma non mi preoccupo troppo.

Quarto giorno
L’intorobidimento peggiora, vado in negozio è torno con un nuovo liquido da aggiungere in acqua e con del carbone da mettere nel filtro.

Quinto giorno
L’intorbidimento sembra diminuito.

Sesto giorno
Ora l’acqua è tornata limpida ma alcune piante sono “pallide” e compaiono dei filamenti. Vado in un social e mi dicono che sono alghe filamentose, ma è una cosa normale, come normale era l’annebbiamento (batteri, mi dicono).
Trovo anche queste informazioni:
– usa un alghicida
– non usare alghicidi
– cambia l’acqua
– non cambiare l’acqua
– spegni le luci o diminuisci l’illuminazione
– non diminuire l’illuminazione
– non fertilizzare
– fertilizza di più
– metti altri batteri
– non mettere altri batteri
Non sapendo che fare vado al negozio dove mi consigliano un alghicida.
Metto la dose richiesta.

Settimo giorno
Le alghe sono morte, le rimuovo.
Alcune piante iniziano a perdere le foglie alla base.

Ottavo giorno
Tutte le piante (a parte una che si chiama Anubias, credo) sono giallastre e presentano dei forellini sulle foglie più vecchie.
E’ trascorsa la settimana che mi era stata indicata come termine per i pesci e (finalmente!) ho comprato:
– 5 guppy (3 maschi e due femmine)
– 5 platy
– 10 neon
– 2 squaletti
– 2 pesci di vetro
– 1 pulitore del fondo
– 1 pulitore dei vetri
– mangime

Nono giorno
Niente di nuovo. I pesci sembrano stare bene. Nuotano su e giù continuamente e mangiano.

Decimo giorno
Due piante sono completamente senza foglie e lo stelo è diventato nero alla base. Tolgo quello che resta.

Undicesimo giorno
Si materializza una patina marroncina in alcune zone del vetro, soprattutto ai lati vicino al filtro.
Mi dicono che sono alghe ma che si tolgono facilmente con la spugna e, comunque, i pulitori le mangiano. Decido di non toccarle.

Dodicesimo giorno
Altre due piante mi hanno lasciato allo stesso modo delle precedenti.
Il negoziante dice che probabilmente non ho dato abbastanza fertilizzante o che le piante non si sono adattate.
Le ricompro.

Quindicesimo giorno
Aiuto!
Ho trovato due neon morti nella vasca.
I guppy maschi hanno le pinne sfilacciate e mangiucchiate (ho letto che i pesci di vetro sono predatori, saranno stati loro?).

Sedicesimo giorno
La situazione peggiora, un altro neon e un guppy sono morti.
Gli altri pesci boccheggiano in superficie.
I pulitori sembrano impazziti: schizzano continuamente dal fondo alla superficie.
Su consiglio dal web metto l’aeratore, cambio il 20% di acqua e smetto di fertilizzare.
Pulisco i vetri dalle alghe marroni, ormai stavano diventando troppe. Purtroppo hanno preso anche una parte della ghiaia e le foglie di alcune piante.

Diciassettesimo giorno
Sempre peggio: il pulitore dei vetri (credo Otocinclus) non si vede più. Probabilmente è morto.
Sono ricomparse le alghe filamentose. In più mi accorgo che la pianta che sembrava perfetta (Anubias) ha alcune le foglie contornate da ciuffetti marrone scuro: altre alghe.

 

Foto: www.reddit.com

Diciottesimo giorno
Sono morti i due pesci di vetro. Il negoziante mi ha fatto portare un po’ d’acqua per l’analisi e mi ha detto che ho i valori sballati.
Mi ha dato un prodotto contro ammoniaca e nitriti.

Diciannovesimo giorno
Guardo la vasca e vedo una pozzanghera sporca e triste, pesci malati, piante ricoperte di alghe.

 

 

Ventesimo giorno
Ho svuotato e messo in cantina la vasca. L’acquario non fa per me.

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Ecco, questo è esattamente il tipo di avvio che NON vorremmo si applicasse mai!
L’errore di fondo commesso dal nostro ipotetico acquariofilo è stato quello di iniziare questa avventura senza avere la minima idea di come funziona un acquario.
L’illusione di poter risolvere tutto con la chimica e con la tecnica, poi,
è stata fatale.
Se vogliamo avere soddisfazioni da questo hobby non possiamo esimerci dal conoscere un minimo di biochimica di una vasca, soprattutto riguardo alla fase di avvio.
Sarebbe come pensare di sopravvivere in una foresta tropicale armati di autan e machete ma senza la più pallida idea di quello che ci aspetta.
Nell’illustrare tre metodi di avvio diversi ma decisamente più corretti e collaudati, avremo modo di capire gli errori.

 

1. METODO AVVIO CLASSICO (MAC)
       ovvero: i sette segreti

Il metodo “classico” non è altro che la versione riveduta e corretta del “metodo emozionale” (MAE). Noterete  alcune sostanziali differenze. Della necessità di studiare e informarsi PRIMA di iniziare, abbiamo già detto.
Vediamo quali sono i segreti di un avvio classico svolto come si deve.

Il primo segreto sta nel componente base: l’acqua. L’utilizzo di acqua di rete è stato il primo errore tecnico commesso nel MAE.
Utilizzare acqua di osmosi ricostruita con gli opportuni sali è il primo, importante passo. Se siete dubbiosi leggete qui: Acqua di rete o di osmosi?

Nella prima parte (Parte 1 – Il fondo) ci siamo fatti un’idea sul tipo di fondo da usare, secondo segreto.
Quasi sicuramente nel MAE è stato utilizzato un ghiaino inerte e questo è stato l’errore che ha messo in difficoltà le piante (parte essenziale dell’ecosistema).

Il terzo segreto sta nelle piante: molto meglio metterne tante (almeno il 70% di superficie della vasca) da subito e molte di queste a crescita rapida!
Le sei piante (tra le quali una lenta Anubias e, sono pronto a scometterci, anche una Microsorum e una Cryptocoryne) su 100l sono state assolutamente insufficienti per assorbire i prodotti del metabolismo dei pesci.
Piante vuol dire luce e fertilizzanti da subito (v.  Le richieste delle piante acquatiche).
Non a dose piena però. Le piante dovranno adattarsi alla vostra vasca quindi andranno alimentate come si fa con un convalescente: cibo leggero e in bassa quantità. Vale sia per la luce che per i fertilizzanti.

Piantumazione completa fin dall’inizio. Foto: Planarya Studio – Youtuber.

E parlando di cibo per le piante non possiamo dimenticare l’immissione di CO2. L’anidride carbonica fornisce quello che è il vero e proprio mattone che costituisce tutte le forme di vita sulla terra: il carbonio. Una corretta fertilizzazione con CO2 non è strettamente indispensabile ma farà la differenza, e questo è il quarto segreto.
Ricordo ancora che piante sane e rigogliose sono prima e più importante difesa contro le alghe (v. Alghe: un po’ di chiarezza).

L’acquario è un sitema biologico chiuso, il che vuol dire che deve trovare al suo interno le risorse per sopravvivere. Questo non è semplice da realizzare, infatti dobbiamo intervenire con mezzi chimici (fertilizzanti, biocondizionatori, ecc.) e tecnologici (filtri, illuminazione, aeratori, ecc.) per aiutare a raggiungere e mantenere un equilibrio. In tutto questo la parte essenziale viene svolta da diverse famiglie di batteri i quali devono colonizzare adeguatamente tutta la vasca: vetri, arredi, piante e, soprattutto, il materiale biologico del filtro e, ultimo ma non ultimo, il fondo.
In un acquario che parte da zero  occorrrono almeno 4-6 settimane prima che questo avvenga (v. Biochimica della vasca ).

Quindi il quinto segreto è la maturazione della vasca.
Il nostro ipotetico amico che ha avviato in MAE ha messo i pesci dopo una settimana (mal consigliato dal negoziante). Dopo pochi giorni le deiezioni dei pesci hanno fatto salire i livelli di ammoniaca a concentrazioni tossiche per i pesci stessi. Quelli che sono sopravvissuti sono stati comunque debilitati e quindi soggetti ad altre malattie principalmente batteriche. La fretta ha fatto commettere due errori: introduzione a vasca non matura e introduzione contemporanea di molti pesci. Quest’ultimo errore avrebbe messo in crisi anche una vasca matura.

Quindi veniamo al sesto segreto. Una volta deciso un numero di abitanti in base alle specie scelte e alle dimensioni della vasca, le introduzioni vanno fatte gradualmente (una specie per volta). In caso di popolazione mono specifica l’introduzione dei pesci andrà comunque scaglionata nel tempo.

Sovrapopolare una vasca non è mai una buona idea. Foto dal web.

Non può mancare un settimo segreto. Abbiamo già detto che stiamo lavorando con un sistema chiuso quindi, per non avere sorprese, diventa indispensabile provvedere a cambi periodici di una parte dell’acqua. Questo serve ad eliminare sostanze che si accumulano in vasca e che non vengono consumate dalle piante o dai batteri. Parliamo di carbonio organico, nitrati, metalli vari (presenti nei fertilizzanti e nei mangimi), eccetera. Prendete come riferimento un minimo del 10% a settimana. Ovviamente userete acqua di osmosi ricostruita. Essenziale anche provvedere ai rabbocchi utilizzando esclusivamente acqua osmotica pura.

 

2. METODO AVVIO AL BUIO (MAB)
     ovvero: prima i batteri.

L’avvio al buio si realizza preparando il fondo come desiderato e sistemando tutti gli  arredi (pietre e legni) come nel MAC ma senza effettuare la piantumazione.
Particolare attenzione va posta nella semina dei batteri e nella loro corretta alimentazione mediante appositi “starter”. Lo scopo è quello di far sviluppare al massimo le colonie batteriche buone senza che la vasca sia disturbata da altri fattori (piante, fertilizzanti e quant’altro). Vista l’assenza di piante è inutile utilizzare l’impianto di illuminazione, da qui il nome di “partenza al buio”.

 

Soil, hardscape e acqua. Tutto è pronto per un MAB. Foto: Carlo Nuzzo

 

La maturazione della vasca sarà comunque completata nelle classiche 4-6 settimane. Trascorso questo tempo si procederà al cambio quasi totale dell’acqua con altra nuova (sempre di osmosi ricostruita con i valori di kH e gH desiderati) e alla piantumazione.
Ovviamente a questo punto sarà necessario attivare l’impianto di illuminazione e l’erogazione di CO2 mentre la fertilizzazione verrà effettuata con un inizio graduale proprio come già visto nel MAC.
Le piante troveranno un substrato già perfettamente colonizzato dai batteri e in grado di favorire al massimo gli scambi chimici che avvengono attraverso le radici. Questo garantirà piante rigogliose praticamente da subito e quindi, come abbiamo già visto, minori possibilità di sviluppo per le alghe.
Le piante avranno comunque un periodo di adattamento, soprattutto se vengono da coltivazione emersa o in vitro. E’ bene attendere la ripresa vegetativa prima di effettuare l’introduzione dei pesci (sempre in modo graduale).

Per quanto non qui precisato vale quanto già detto per il MAC.

3. METODO DRY START (DSM)
     ovvero: metodo quasi a secco in atmosfera controllata.

Mentre MAC e MAB (che tutto sommato sono abbastanza simili tra loro) non presentano grosse novità, il DSM (dall’inglese Dry Start Method) è decisamente fuori dalle righe.
La vasca va avviata “a secco”. In realtà sarebbe meglio dire “a umido” in quanto il livello dell’acqua durante tutta la fase di avvio non deve superare quello del substrato. Confronto a MAC e MAB, però, siamo praticamente “a secco”.

Vasca inclinata per tenere orizzontale il substrato. Foto: Enrico Fortuna.

Si parte stendendo il fondo e posizionando gli arredi. Anche qui la semina dei batteri è obbligatoria. L’acqua va aggiunta fino a lambire il livello del substrato; se questo, come di solito avviene, è inclinato è opportuno dare una contro-inclinazione alla vasca per fare in modo che il substrato sia orizzontale e così l’acqua lo bagni tutto senza sommergerlo in alcun punto.

Fatto questo si procede con la piantumazione. Le piante saranno fuori acqua per cui è obbligatorio utilizzare piante nuove provenienti da coltura emersa, idroponica o in vitro. Le talee di provenienza sommersa non avranno possibilità di attecchimento.

L’umidità è essenziale. Foto: Enrico Fortuna.

La vasca va tenuta costantemente umida, quindi dovremo vaporizzare un po’ di acqua di osmosi diverse volte al giorno. In alternativa si può utilizzare un semplice vaporizzatore a ultrasuoni.
Per mantenere l’umidità è possibile coprire la vasca ma questo aumenterà la possibilità di formazione di muffe (unico vero problema di questo metodo).  Per ovviare a questo si può iniettare CO2 da subito (ovviamente coprendo la vasca, anche con una pellicola da cucina forellata) cosa che inibirà le muffe e sarà gradita alle piante.

 

 


L’illuminazione sarà da subito quella definitiva sia come intensità che come fotoperiodo.

Trascorse le classiche 4-6 settimane si potrà procedere al riempimento della vasca con acqua di osmosi portata ai valori desiderati e all’inserimento, sempre graduale, dei pesci.
Le piante avranno ovviamente un periodo di adattamento alla vita sommersa ma il loro apparato radicale sarà già ben sviluppato e aiuterà tantissimo la ripresa vegetativa.

Sviluppo radicale. Foto: Enrico Fortuna.

I vantaggi principali di questo metodo stanno nella grande facilità di piantumazione (soprattutto per i pratini e per i muschi) e nell’adattamento delle piante. Come sapete le nostre piante provengono da colture emerse o semi-emerse. Una pianta di questo tipo trapiantata in una vasca con avvio tradizionale subirà un trauma a livello delle radici (cambio drastico di substrato) e a livello di fusto e foglie (adattamento alla vita sommersa). Capita spesso che alcune piante non sopravvivano a questo doppio trauma (soprattutto quelle coltivate in vitro). Il DSM permette di risolvere i due traumi in tempi diversi aumentando moltissimo le possibiltà di sopravvivenza delle piante.
Per chi volesse approfondire una interessante interpretazione del DSM consiglio questo articolo di Enrico Fortuna: Nano cube aquascape.

 

Conclusione

Ciascuno dei metodi illustrati ha i propri pregi, i propri difetti e le proprie varianti ma se volessimo riassumerli in poche parole potremmo dire che il metodo classico si basa sul corretto nutrimento iniziale delle piante, il metodo “al buio” mette al centro lo sviluppo dei batteri per creare un ambiente  favorevole a piante e pesci mentre il DSM mette le piante in condizioni di subire un minor trauma da sommersione.

Avrete notato che tutti i metodi mettono al centro dell’attenzione le piante. Tutti gli sforzi sono tesi a rendere l’ambiente il più possibile adatto e favorevole a loro.
Non pensate però che questi metodi servano esclusivamente per gli acquari di piante o per l’acquascaping.

Le piante sono un elemento essenziale (e sottolineo essenziale) dell’ecosistema acquario. Sono il vero e proprio “polmone” della vasca, assorbono sostanze tossiche o dannose per i pesci e liberano ossigeno, contrastano lo sviluppo delle alghe, forniscono nascondigli per i pesci più timidi o che si trovano in difficoltà e per gli avannotti.
Non da ultimo rendono la vasca molto più gradevole alla vista.

Ringrazio Marino Varetto (che mi ha ispirato) e Davide Farina per il tempo che mi hanno dedicato come preziosi consulenti per questo lavoro.
Un doveroso ringraziamento anche ad Enrico Fortuna per avermi fornito la documentazione fotografica sul DSM e ancora ad Enrico e Tom Barr per i loro scritti sul DSM.

Daniele Soldi

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