Ossigeno e pesci – L’ossigeno in acquario – Parte 2

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Ossigeno e pesci

Ossigeno e pesci – L’ossigeno in acquario – Parte 2

Dunque, prima di parlare di ossigeno e pesci facciamo un po’ un riassunto rapido rapido della puntata precedente sull’ossigeno in acquario (leggetela se non lo avete fatto): l’ossigeno serve un po’ a tutti per vivere, è stato portato sul nostro mondo dai cianobatteri come scarto e adesso pare che senza proprio non si possa vivere. Ma letteralmente eh, non per dire. Sulla terra come sott’acqua.

Nei laghi e nei fiumi i materiali di scarto tendono a non accumularsi, in acquario sì perchè il volume è minore. I microrganismi sul fondo e sugli arredi si nutrono di scarti, ma per farlo consumano ossigeno, se non ce n’è abbastanza lasciano degli “avanzi” in giro che, se si accumulano possono causare una esplosione batterica. Abbiamo anche detto che in questo momento il consumo di ossigeno è tanto, i pesci vanno a boccheggiare in superficie, e spesso si ammalano. Ma perchè? Tutto è collegato all’ossigeno.

Sick fish

Del perchè i pesci si ammalano

Prima di cominciare, ne approfitto per segnalarvi la fonte di quanto scriverò di seguito. Chiunque voglia documentarsi in maniera più approfondita sull’argomento, e saperne di più sui singoli patogeni, può consultare “Le malattie dei pesci d’acquario” di Valerio Zupo, biologo marino presso la stazione zoologica di Napoli. Io l’ho scaricato in formato digitale un po’ di tempo fa dalla app libri di iOs, ma credo potrete trovarlo anche su altre piattaforme.

Prima di parlare della malattia, dobbiamo sapere esattamente cosa accade quando un pesce è sano. Noi tutti esseri viventi pluricellulari viviamo costantemente in uno stato di guerra senza accorgercene. È una guerra continua, spietata, contro un numero di nemici inimmaginabile per numero e varietà, che va avanti mentre siamo svegli e mentre dormiamo, mentre mangiamo e mentre lavoriamo. Insomma, finchè siamo vivi, la guerra va avanti. Il nostro organismo si deve difendere in continuo dagli attacchi di virus, batteri, protozoi e funghi.

Questi organismi talvolta sono strettamente patogeni (come la salmonella per gli uomini, ad esempio), ovvero causano malattie per il solo motivo che siamo venuti a contatto con loro, altre volte si tratta invece di “commensali” ovvero organismi che si nutrono di scarti (ad esempio nell’intestino) o di pelle morta (come la Candida, sempre per gli esseri umani), che trovano la possibilità di prendere il sopravvento su di noi che li ospitiamo. Questa seconda categoria, quella degli opportunisti, è costituita da organismi che in alcuni casi non solo sono innocui, ma in condizioni di salute ottimale anche benefici, fornendoci nutrienti che non siamo in grado di sintetizzare da soli, o contrastando anche loro la presenza di patogeni e aiutandoci a non ammalarci, di conseguenza.

Il nostro organismo, così come quello dei pesci, deve quindi fronteggiare una grande quantità di attacchi e tenere a bada non solo parassiti e patogeni, ma anche quei commensali che da amici, se possono, diventano fastidiosi.

Nel farlo, esso deve produrre cellule specializzate alla lotta biologica, i leucociti, che a loro volta devono produrre anticorpi, enzimi e tutta una serie di molecole che indirizzano il sistema immunitario nella giusta direzione, con grande dispendio energetico. Questo dispendio energetico è compensato dal carburante dell’organismo, il glucosio, che però, ricordiamo dalla prima parte dell’articolo, per essere utilizzato necessita di una buona quantità di ossigeno a disposizione. Per il sistema immunitario dei pesci e non solo, poi, molto importante risulta la presenza di vitamina C, che dovrebbe essere sempre presente come integrazione nella dieta.

Bisogna poi sottolineare che la quantità di ossigeno che si discioglie in acqua non è assolutamente il 20% e più a cui siamo abituati noi animali terrestri, ma in condizioni ottimali, a 25 °C, si parla di circa 8 milligrammi di ossigeno per litro d’acqua. Va da sè, quindi, che l’organismo del pesce si è adattato per sfruttare la minima quantità possibile di ossigeno in maniera ottimale, al contempo la piccola quantità del gas normalmente a sua disposizione fa sì che una piccola diminuzione provochi un danno maggiore. 

Torniamo quindi alla nostra acqua lattiginosa, e immaginiamo che all’epicentro del nostro ipotetico tragico scenario viva un pesce, di qualunque specie. Come dicevamo, quando l’acqua non è più limpida per lo sviluppo di batteri e lieviti, il consumo di ossigeno è massimo. Ma se i microrganismi consumano molto ossigeno, il nostro pesce non sarà più in grado di sfruttare appropriatamente le branchie per ossigenare il sangue in maniera ottimale.

Ed ecco che il pesce, quindi, inizierà a cercare la zona più ossigenata della vasca: la superficie dell’acqua. Da come abbiamo appena appreso, esistono organismi opportunisti che normalmente vivono su pelle, mucose o anche nel terreno e sono completamente innocui, ma che se trovano una “porta aperta” verso un organismo debilitato, entrano e banchettano. È esattamente il nostro caso: abbiamo un pesce che non riesce a soddisfare il suo fabbisogno di ossigeno per produrre abbastanza difese immunitarie e tenerle attive, abbiamo una situazione di stress causata dalla necessità di dover andare a respirare in superficie, dove i predatori possono vederlo facilmente, ed abbiamo un ambiente strapieno di piccole pesti affamate: la tempesta perfetta è pronta a scatenarsi.

Vedremo quindi il pesce nell’ordine andare prima a respirare al pelo dell’acqua, velocemente, cercando di tirare dentro più ossigeno possibile. Vedremo poi il pesce deperire, perchè inizierà a consumare una grande quantità di glucosio delle sue scorte in un primo momento, e i grassi e proteine in un secondo momento. Mancando l’ossigeno per produrre l’anidride carbonica alla fine della produzione di energia, verranno accumulati nei muscoli delle sostanze di scarto, come l’acido lattico e l’ammoniaca che alterano il pH anche delle cellule della cute. In questa fase, quindi, sarà facile osservare anche una alterazione del colore delle mucose verso toni scuri in alcune razze.

In tutto ciò, non stiamo tenendo in considerazione il caso che, in presenza di una esplosione batterica, sia presente in vasca una buona quantità di ammoniaca, e l’ammoniaca si può legare alle proteine che trasportano e conservano l’ossigeno più fortemente dell’ossigeno, ma senza svolgere la sua funzione utile all’organismo, debilitandolo ancora di più. I più esperti potranno obiettare che in ambiente neutro o acido l’ammoniaca diventi ione ammonio, che non ha questo effetto, ma in realtà in ogni condizione di pH d’acquario c’è sempre una frazione di ammonio che diventa ammoniaca, quindi l’effetto debilitante ci sarà in ogni caso. Questo quadro clinico prende il nome inglese di General Adaptation Syndrome (G.A.S.) ed è comune a tutte le situazioni di stress. Non corrisponde ad una patologia precisa, ma è un serio campanello di allarme che una possa svilupparsi in breve tempo.

A questo punto se una infezione non è già in atto, tutto è pronto, ed inizieremo quindi a notare tutti i possibili sintomi, per la cui carrellata rimando sempre al libro consigliato o ad altri manuali sull’argomento (ce ne sono vari in lingua inglese, per chi volesse informarsi).

Recuperare il malato, a questo punto, diventa una impresa non impossibile, ma ardua: quando i sintomi di una malattia si sono sviluppati, o è troppo tardi o bisogna agire con rapidità.

A cosa non state pensando: il caso “normale”

Overstock
Vasca sovraffollata. L’overstock è una delle principali cause di stress e malnutrizione, due dei fattori di rischio principali per la salute dei pesci

Tutto molto chiaro fin qui, mi auguro stiate pensando (se non lo fate mi potete domandare qui o nel nostro gruppo Facebook, Acquario Chimica e Tecnica, taggandomi in merito), ma i miei pesci si ammalano senza bisogno che l’acquario diventi quel putiferio che hai appena descritto!

Allora, riassumiamo un po’ quello che è successo nel caso precedente:

  • La carica (numero di cellule) dell’agente infettante in acqua era forte;
  • L’ambiente era malsano per la vita del pesce;
  • Il pesce era stressato;
  • Il pesce ha sviluppato una malnutrizione.

È lampante anche (soprattutto) a chi ha cominciato da poco che il momento di maggiore rischio di malattia per i pesci d’acquario è il momento in cui ci arrivano a casa, ma chi ha un negozio sa che i primi giorni dall’arrivo di un nuovo ordine sono abbastanza delicati.

Questo avviene perchè per viaggiare dall’allevamento al negozio, o dal negozio a casa, il pesce viene catturato, aumentando quindi lo stress, rinchiuso in una busta con poca acqua, quindi esponendolo al rischio che si intossichi da solo con l’ammoniaca che produce esso stesso, e viene tenuto a digiuno sia per diminuire la quantità di ammoniaca che produce, sia perchè nella situazione di stress rifiuterebbe di mangiare. Se l’individuo non è forte di suo, quindi, il rischio che sviluppi un problema di salute è abbastanza più elevato che quando lo manteniamo in casa.

Un altro caso tipico di malattia ricorrente, invece, è quella di poecilidi. La famiglia, si sa, è pronta a riprodursi facilmente. In più l’evoluzione artificiale di alcune razze ha fatto sì che il nuoto diventi molto dispendioso dal punto di vista energetico, e se zucchero e ossigeno vengono consumati velocemente dai muscoli, la probabilità che ne resti poco per le difese immunitarie è maggiore. In una vasca sovrappopolata, poi, o si dà poco da mangiare, quindi aumentando il rischio di malnutrire i soggetti più deboli, o si dosa troppo cibo, e si deve porre una attenzione maniacale a pulire o l’esplosione batterica della parte 1 si sviluppa facilmente. È questo il motivo per cui un acquario di guppy tende a sviluppare facilmente delle malattie, ma lo stesso avviene in qualsiasi acquario sovraffollato.

Altro, e ultimo caso tipico, è quello dell’acquario di comunità, in cui spesso vengono tenuti insieme scalari, platy, ancistrus, barbi e cardinali. Pesci diversi, con esigenze diverse, predatori e non predatori, messi assieme, causano dei grossi problemi soprattutto ai non predatori più timidi, che passeranno la maggior parte del tempo nascosti nell’ombra con delle rapide fughe verso la superficie per mangiare.

Vedere un pesce nuotare ondulando in un angolo non solo è un brutto spettacolo per gli occhi, ma anche un segnale di allarme: il pesce è stressato, e potrebbe sviluppare in breve tempo la G.A.S.

Prevenire lo sviluppo della sindrome da adattamento generale è possibile:

  • Rendendo confortevole l’ambiente per gli animali e cercando di limitare per quanto possibile le situazioni di stress. Limitare quindi la quantità di individui per volume, e limitando soprattutto la quantità di specie diverse. Ricordiamoci sempre che un leone e una gazzella hanno quattro zampe, respirano ossigeno e allattano i cuccioli, ma non per questo allo zoo li troviamo nello stesso recinto.
  • Usando mangimi in pellet bilanciati in proteine, integrandoli con del mangime liofilizzato e bagnato con delle soluzioni vitaminiche o con dell’estratto di aglio, ricco in vitamina C e di altre sostanze immunistimolanti.
  • Verificando e mantenendo con costanza la pulizia della vasca e progettando la vasca in maniera che ci sia un ricambio continuo di acqua più carica di ossigeno che dall’alto ricircola verso il basso, dove l’ossigeno viene prevalentemente consumato.

Ci tengo particolarmente a sottolineare l’importanza del terzo punto in questione: far ricircolare l’acqua dall’alto verso il basso corrisponde ad aprire le finestre di casa per far cambiare aria, fa in modo che i microrganismi svolgano in maniera ottimale il proprio lavoro, non permettendo ad eventuali patogeni di moltiplicarsi al di fuori dell’organismo ospite, e rendono l’ambiente ospitale su tutta la sua altezza per l’animale, che sarà in grado di respirare acqua di qualità circa uguale sia in superficie che in fondo. Questo è fondamentale per la buona salute dell’individuo. Immaginate di dover scendere in cantina ed ogni volta essere costretti a trattenere il fiato… O a respirare aria viziata ogni volta che passate nel tinello. Non un toccasana, no?

In questo senso, quindi, avere una pompa che muova l’acqua sulla sua altezza risulta fondamentale. Spesso infatti acquari di piccole dimensioni equipaggiati con filtri di dimensioni minuscole caricati unicamente con delle spugne, come i filtri ad aria, hanno principalmente lo scopo di trattenere le particelle grandi in sospensione e di consentire un buon ricircolo dell’acqua sulla colonna, ma l’azione filtrante maggiore in questi casi viene svolta principalmente dai batteri che si stanziano sui vetri o sugli arredi, dato che la spugna dovrà essere pulita con costanza per evitare l’intasamento del filtro.

E lo stesso scopo lo svolge anche un filtro biologico, ed è un compito questo importante quanto se non più della filtrazione meccanica o biologica: si deve porre molta attenzione che il flusso di acqua in uscita dal filtro non diminuisca soprattutto per consentire il ricircolo in vasca, più che la rimozione dell’ammoniaca, soprattutto nei casi in cui la vasca non sia sovrappopolata.

Con questo concludiamo la seconda parte del nostro viaggio attorno alla molecola di ossigeno. Ma che ha a che fare l’ossigeno con le piante?

Lo scopriremo nel terzo capitolo della serie!

Davide Farina

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